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tutto alla luce del sole

Il Salvini pericoloso non è quello corrotto dai rubli, ma quello che ha scommesso su Putin

Giuliano Ferrara

Il leader della Lega, nella sua ingenua furbizia, ha già manifestato apertamente e nelle forme più primitive che il suo impulso verso il regime dei pieni poteri si identifica con la Russia putiniana. Non è una questione morale (o di soldi), è politica pura 

La cosa grave, per quanto riguarda i finanziamenti russi a partiti italiani, è che le ombre sono poche, riguardano dettagli scabrosi ma non l’essenziale. Tutto si è svolto alla luce del sole.

Salvini ci credeva, e in parte continua a crederci, e questo felpismo putiniano che oggi appare “da matti”, oggi a Ucraina invasa, a ideologia neoimperiale riproposta con tracotanza attraverso carnaio e stragi, a occidente ricomposto e destabilizzato per via di sanzioni e forniture di armi indispensabili alla difesa nazionale di Kiyv e alla difesa delle nostre alleanze euroatlantiche, questo fino a ieri era una scelta politica semplice, nata dalla più radicale indifferenza alla democrazia liberale, tipica di un certo populismo, o dal disprezzo per i suoi criteri e le sue regole e le sue classi dirigenti.

“Credo” è la  nuova formula elettorale di Salvini. Acconcia. Non è, di nuovo, una questione morale, è politica pura. Quelli che una volta si chiamavano i due “blocchi”, americani e sovietici, hanno sempre sostenuto con finanziamenti, naturalmente in nero, le forze politiche affini, e vorrei vedere. Non è nemmeno una interferenza, è uno schieramento strategico, sebbene oggi le coordinate della situazione siano diverse dai tempi della Guerra fredda. E non è necessariamente un alto o un basso tradimento della Patria. Certe parole in certi casi sono risonanti ma prive di significato. 

Tali verità non ridimensionano lo scandalo, lo aggravano. Non c’è bisogno di inventarsi o di incantarsi intorno a un complotto, è tutto lì, squadernato davanti ai nostri occhi. Il che è molto più grave di una cospirazione o di una spy story. Salvini nella sua ingenua furbizia ha pensato, e ha manifestato apertamente nelle forme più primitive, perfino infantili, che il suo impulso verso il regime dei pieni poteri, dell’uomo forte, della soluzione risolutiva, dell’odio per le élite euroatlantiche, dell’ideologia del risentimento e della frustrazione contro la democrazia liberale, si identificasse con la Russia di Putin; e più Putin si distaccava dallo schema del ricostruttore di una classe media e di un mercato integrato nel mondo postsovietico, più diventava un “cattivo”, uno zar, un eroe negativo minaccioso e scaltro, più la sua ammirazione per lui si infelpiva, si trasformava in militanza bislacca, in rappresentazione e autorappresentazione, fino agli elogi aperti, svergognati, sulla Piazza Rossa, fino alla celebre apologia della Corea del nord come paese prospero, felice e ripulito di ogni male occidentale.

Non è questione di insinuazioni o accuse, di prove, di ulteriori accertamenti, di passaggi di rubli, tutte cose in ombra ma non poi così tanto, è questione direi quasi gratuita, solare, evidente, di infatuazione per un modello che è venuto alla luce per quel che è e per quel che costa in termini di equilibrio, sviluppo, libertà, pace e comune umanità.

Il Salvini invotabile, pericoloso, spiazzato in modo grottesco dalla storia di questi anni, non è uno sconosciuto agente del Kgb, non è un politico corrotto dai rubli, è il leader che ha scommesso apertamente su un modello insopportabile per il nostro modo di concepire la vita e l’esercizio dei diritti civili in un paese democratico. Il sapore quarantottesco di queste elezioni che dovrebbero giocarsi su tasse e immigrazione, su lavoro e salario, su ambiente e diritti, è tutto qui, in uno scandalo che sta altrove da dove lo si vuole ipocritamente vedere. Il putinismo, che per Berlusconi è un’amicizia personale, ma l’uomo ha anche pianto la notte per Gheddafi, come raccontò mentre veniva bombardato e spento, per Meloni è una tentazione apparentemente rifiutata, per Salvini, che sta nel tridente elettorale della destra, è una seconda, macché una prima pelle. Altro che ombre russe

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.