Italia, Germania e Belgio: l'asse dei volenterosi che punta a sovvertire il mercato del gas europeo

Valerio Valentini

Il price cap sul gas russo è ormai scontato, ma Draghi e Cingolani provano a ottenere di più. I contatti coi governi di Bruxelles e Berlino. Le aperture del vice cancelliere Habeck, l'ostilità degli olandesi che hanno brindato alla caduta del governo italiano. Ma ci sono ancora margini per resettare il Ttf 

C’è chi ci vedrà la pervicacia della speranza, l’accanimento di chi non rinuncia alle proprie velleità; e chi invece apprezzerà la perseveranza che questo incaponimento denota. Sta di fatto che Roberto Cingolani, e con lui Mario Draghi, al tetto al prezzo del gas ci crede davvero. A quello russo, e non solo. E forse è in nome di questo ostinato ottimismo che anche il discorso di ieri di Ursula von der Leyen è stato accolto dal ministro della Transizione energetica con favore. Una spinta in più, per quanto misurata, nei lavori che sottotraccia la diplomazia italiana sta portando avanti in vista del decisivo Consiglio europeo di fine mese, in un’inedita alleanza con Belgio e Germania.

Riunioni di tecnici e funzionari ministeriali, col sostegno dei diplomatici addetti al dossier energetico, il tutto sotto il coordinamento dei tre ministri responsabili, che si sentono e si scrivono costantemente. L’obiettivo è infatti quello di allestire un asse dei volonterosi, per così dire. Ed è significativo che, oltre a Roma e Bruxelles, che già al Consiglio straordinario di Praga della settimana scorsa s’erano ritrovati sul fronte più avanzato della lotta per il price cap, a questo gruppo di lavoro si sia unita anche la Germania. Che più che mostrare il proprio entusiastico assenso, si limita per ora, ma è già molto, a esprimersi “non contraria” alle posizioni italiane. E del resto il livello nazionale degli stoccaggi, salito a quota più che rassicurante, consente a Berlino di accantonare qualsiasi ostilità pregiudiziale al tetto del prezzo sul gas russo. 

Che ora – ora che quel gas russo costituisce poco meno del 10 per cento del fabbisogno europeo –  viene considerato, sorridono a Palazzo Chigi, quasi come un successo scontato, il minimo sindacale. Capirai. E però il solo proporlo, mesi fa, aveva provocato risate e scetticismo da parte di quasi tutta Europa. E dunque basterebbe anche questo, ora, a Draghi, per rivendicare un trionfo diplomatico quasi insperabile. E invece si cerca di fare di più. E c’è un motivo se Cingolani, al termine del Consiglio straordinario di venerdì scorso, non s’è limitato a felicitarsi per il nulla osta del tedesco Robert Habeck sul limite al prezzo del gas proveniente da Mosca (“Se i paesi dell’Europa sudorientale, senza accesso al mare e al gnl, sono d’accordo, da parte nostra nessuna contrarietà”, è stato il senso del discorso del vice cancelliere), ma ci ha tenuto a raccogliere e rilanciare anche la sua apertura sul tetto da imporre alle altre forniture. Sul gnl sembra proibitivo, certo, non fosse altro che per la mancanza di infrastrutture rigide e vincolanti com’è per il gas tradizionale: le navi che imbarcano dagli Usa o dal Qatar il liquefatto avrebbero fin troppa comodità nel dirigersi verso i porti dei migliori offerenti, laddove la sola Europa ponesse un tetto arbitrario. 

Ci sono invece margini di manovra, e quelli vanno sfruttati, sul resto del gas in arrivo via tubo. E’ quello proveniente, sostanzialmente, da tre paesi: Algeria, Azerbaigian e Norvegia. Ed è certo comprensibile la cautela con cui Berlino, ancora in queste ore, valuta la possibilità di estendere a paesi alleati, o comunque amici, misure che alla Russia vengono applicate anche come una forma di sanzione indiretta – o meglio come un dazio, onde evitare di dover ricorrere a un voto all’unanimità in Consiglio (con buona pace di Viktor Orbán, che vorrebbe bloccare anche questa opzione: citofonare Salvini e Meloni). Resta però la possibilità, su cui la Commissione è convinta di potere trovare un’intesa e a cui la stessa Von der Leyen ha fatto cenno, di negoziare con quei fornitori dei nuovi contratti, anche a lungo termine e dunque in deroga ai vincoli del Green Deal, con prezzi agevolati, così da sterilizzare, almeno in parte, i rialzi di questi ultimi mesi. E’ un’ipotesi che non dispiace a Draghi e Cingolani, che pure otterrebbero, in questo modo, di resettare, sia pure temporaneamente, le logiche alla base del Ttf, che il governo italiano, e con esso buona parte degli esecutivi continentali, considerano ormai anacronistiche, ed eccessivamente esposte alle dinamiche della speculazione. E se davvero si arrivasse a tanto, sarebbe comunque un gran bel risultato. Specie se si pensa, come raccontano le indiscrezioni affidate da un diplomatico belga a un ministro italiano, che alla caduta del governo Draghi, oltre che ai russi, anche qualche olandese ha festeggiato. Pensavano che l’assalto alla borsa del gas di Amsterdam fosse stato sventato.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.