Vittorio Colao (Ansa)

Letta prova ad arruolare Colao. E al Nazareno c'è chi lo vede come erede di Draghi

Valerio Valentini

Il ministro dell'innovazione tecnologica sarà oggi ospite a un convegno organizzato dal Pd. Lui dice che non parlerà di politica, ma già la sua presenza è un possibile segnale per il dopo Draghi

Ovviamente tutti, e il ministro per primo, rifuggono qualsiasi lettura politica dell’evento. “Parlerò solo di innovazione, e del perché non bisogna temerla, ma governarla investendoci”, ripete ai curiosi Vittorio Colao. E però il fatto resta: perché un ministro tecnico, e forse il più draghiano tra tutti, prenderà parte a un’iniziativa elettorale promossa dal Pd. Assoldato da Enrico Letta per il tramite di Anna Ascani, la viceministro dello Sviluppo che è l’ispiratrice di “Il futuro è presente”, un convegno che si svolgerà questo pomeriggio alla stazione Tiburtina di Roma, nella Casa delle tecnologie emergenti.

 

Una manifestazione scandita in due tempi. Nel primo, una proiezione distopica di quel che la tecnologia potrà fare se non amministrata a dovere: e allora giù con guerre informatiche, traffico illegale di dati, lavoratori sempre più schiavi di algoritmi padronali, disinformazione dilagante. Nel secondo, un scenario idilliaco, quello che potrebbe generarsi da uno sviluppo responsabile e controllato della tecnologia. Nel mezzo, una sorta di “intervista impossibile” ad Adriano Olivetti, con la proiezione di interventi dell’ingegnere eporediese dall’immancabile sapore visionario. A chiudere, il segretario del Pd e, appunto, il ministro per la Transizione digitale. 

 

E qui allora, trascendendo dal senso specifico dell’evento, si viene al pettegolezzo politico. Perché non c’è dubbio che, tra i tanti che hanno preteso di ereditarla, non c’è dubbio che Colao sia stato il più fedele interprete di quella ormai famigerata “agenda Draghi”. Lo è stato al punto che proprio il manager già ai vertici di Vodafone, aveva ricevuto l’investitura informale da parte di Palzzo Chigi ai tempi della disfida quirinalizia: se l’ex capo della Bce fosse davvero riuscito a salire al Colle, era lui, Colao, il prescelto per rimpiazzarlo alla guida del governo. Poi è andata com’è andata, ed è storia.

 

Ma non è detto che le quotazioni politiche di Colao siano andate in fumo. E anzi, c’è chi tra i fumi di propaganda, di chi vagheggia governi di larghe intese, o figure istituzionali che possano garantire davvero una continuità ordinata con l’esecutivo di Draghi, intravede il profilo rassicurante e discreto di questo bresciano di nascita ma cosmopolita per vocazione. “Non c’è dubbio che col suo lavoro abbia consentito all’Italia di fare un passo in avanti sul terreno della transizione digitale”, dicono al Nazareno. E tanto basta. Lui si schermisce davanti a certe insinuazioni: l’argomento più politico che toccherà sarà quello del Pnrr, con la campagna elettorale non vuole avere nulla a che fare. E però, com’è noto, i servitori dello stato sono quelli che gli incarichi pubblici non li cercano, ma neppure li rifiutano. E allora chissà. 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.