Il partito "Cortona"

Renzi "sorpassa" Calenda. Non è ancora intesa. Il leader di Azione raccoglie firme

Carmelo Caruso

I due si devono incontrare (forse oggi) ma adesso l'ex ministro dello Sviluppo economico teme di essere "fregato" dal capo di Italia Viva che ha il simbolo. Ci lavorano i pontieri

Cari traditi, ascoltate. Sapete cosa teme adesso Carlo Calenda? Teme che Matteo Renzi diventi il Calenda di Calenda: ha paura che faccia a lui quello che lui ha fatto a Letta. “Renzi mi frega. E’ già accaduto alle elezioni di Roma” pensa il leader di Azione. Renzi dice invece che “anche per interpretare la parte del cattivo bisogna avere talento. Io ce l’ho”. Come nell’ultimo atto di Napoli milionaria, l’opera di Eduardo De Filippo, hanno bisogno l’uno dell’altro. Per Calenda il simbolo di Italia viva è la medicina (impossibile raccogliere 36.750 firme per presentarsi alle elezioni). Renzi vuole dimostrare, come il ragioniere Spasiano, che “chi prima, chi dopo, ognuno deve bussare alla porta dell’altro”. La sua. Si devono vedere (oggi) ma non vogliono guardarsi (allo specchio).


In una Camera, ormai terra desolata, un ex renziano, spiegava che l’alleanza Renzi-Calenda è “nelle cose” e aggiungeva: “Tutto porta a farla dunque non è detto che si faccia”. Suggeriva pure di “leggere le poesie di Caproni per comprendere entrambi. Non è vero che sono simili. Si detestano. Di Calenda si dice è un Renzi senza le qualità di Renzi. Di Renzi che sa fare politica ma oggi non ha il successo di Carlo”.

 

Si sono invertite le parti tanto che per Andrea Cangini, ex direttore di Qn ma adesso in Azione, “bisogna verificare le condizioni dell’alleanza tra Renzi e Calenda. I progetti sono simili. La leadership di Calenda è però indiscutibile”. La tenace Barbara Masini, ex senatrice di Fi che ha seguito Calenda sin dall’inizio, non ha “problemi a raccogliere le firme”. In queste ore Calenda insiste con il ministero dell’ Interno per ottenere una deroga (in quanto europarlamentare) ma senza successo. Sono queste “firme” che tengono ostaggio Calenda. Renzi è troppo abile per farglielo pesare. Ha ordinato ai suoi di tacere. Dopo la rottura di Calenda con il Pd, una comunità, quella di Italia Viva, è tornata centrale.

 

Erano quasi eccitati come sempre accade quando si è soli contro il mondo.  Si sentivano un po’ come il popolo Apache. Nicola Danti, che è l’uomo macchina di Iv, europarlamentare che in Toscana muove 80 mila preferenze, racconta che il giorno dopo l’alleanza (stracciata) tra Calenda e il Pd aveva il telefono intasato: “Voto voi!”. Luigi Marattin  aveva già inventato lo slogan “vota Italia Viva e tutto ti sarà perdonato”. Luciano Nobili, il renziano che alla fine ha messo nel sacco Calenda (a Roma, i consiglieri comunali di Azione sono quelli che ha scelto Renzi) si era già scatenato: “Superiamo il 5 per cento”.

 

Nel giro di poche ore è cambiato il rapporto di forza. Nel partito degli sbruffoni, il “partito dei Bruno Cortona”, i Gassman del Sorpasso, è ora in vantaggio Renzi. Tutti ricordano  quanto Calenda gli deve. Lo ha voluto ministro, ambasciatore in Europa mettendosi contro tutti i diplomatici italiani. A Paolo Gentiloni, che era allora ministro degli Esteri, stava scoppiando una  rivolta. E’ davvero come la poesia di Caproni: “Tutti riceviamo un dono/ Poi non ricordiamo più/ né da chi né chi sia/ soltanto ne conserviamo / pungente e senza condono / la spina della nostalgia”.

 

Si dice che a lavorare all’intesa ci siano oggi Maria Elena Boschi, Ettore Rosato e Matteo Richetti ma che bisogna capire lo schema. Renzi assicura che è pronto a fare un passo indietro ma, notano i renziani,  “Renzi sa tradire mentre Calenda sa twittare. Serve abilità nel tradire”. Renzi infatti non avrebbe mai “trattato” con Letta perché ha ragione Letta: chi ripete che vuole portare avanti l’agenda Draghi non può venire meno alla parola data. Draghi ha lasciato il governo perché era venuto meno il patto di fiducia… Bisogna essere canaglia fino in fondo e non  a metà, “con sofferenza…” come Calenda, uno di cui si dice: “E’ velocissimo. Pensava di aver fatto fesso Letta, rischia di essere fatto fesso da Renzi. Potrebbe stupire tutti e annunciare che non si candida”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio