Non è più Giggino

La vita di Di Maio è una promessa senza passato e carica di futuro

Giuliano Ferrara

Emulo inconsapevole di Rimbaud. La sola esistenza di Di Maione sembra dirci che la soluzione non verrà da elezioni politiche semi maggioritarie, ma da un ferreo e funzionante, anzi pienamente efficiente, sistema trasformista

Di Maione non lo sa, ma non è solo un politico trasformista e schizofrenico, lo siamo in certa misura tutti, e per fortuna dell’Italia nostra. E’ anche emulo di un grandissimo poeta. Non rivelo alcunché di ignoto se ricordo che nel 1871, in una lettera a Georges Izambard, suo professore, Arthur Rimbaud definì così il manifesto vero di tutta la sua breve, intensa vita di poeta: “Je est un autre”, “Io è un altro”. Per la verità lui ha più modestamente sibilato al Sé di ieri, al grillino passato, “uno non vale l’altro”. Come dire, io sono io e voi non siete un cazzo, altro che uno vale uno. Ma a parte l’indubbia e legittima immodestia di uno che a 35 anni ha già conquistato la maggioranza relativa con il famoso ex 32 per cento, ha abolito quasi la povertà (e il senso del lavoro) con il Reddito di cittadinanza e il decreto “Dignità”, ha dato una sforbiciata di due, trecento parlamentari alle Camere, con una riforma costituzionale riuscita e convalidata da referendum (miracolo!), è stato ministro in tre governi di segno opposto, ha manifestato con i gilet gialli e ha messo su una pochette da paura alla Farnesina, roba che neanche al vecchio e compianto Giulio Andreotti era riuscita, a parte questo, quello scherzare sull’Io e l’alterità lo colloca nel Pantheon delle grandi sensibilità artistiche.
 

I freudiani osservano che se Rimbaud avesse scritto al prof. “io sono un altro”, vabbè, niente di speciale, l’Io sopravvive come soggetto, il pensiero cosciente continua a occupare il posto della poesia totale; ma ha dettato piuttosto “io è un altro”, e la differenza è addirittura, questo Di Maione lo intuisce senz’altro, ontologica. Così dobbiamo prendere atto che il trasformismo del Ventunesimo secolo ha radici antiche nella lirica del Diciannovesimo secolo, nella grande lirica: “Oisive jeunesse”, potrebbe cantare Di Maione, “à tout asservie, par délicatesse j’ai perdu ma vie”. Cioè: oziosa giovinezza, a tutto asservita, per delicatezza ho perduto la mia vita. Mica male, no, il Rimbaud?
 

Il fatto è che Di Maione la sua vita la sta moltiplicando, la salva a ogni angolo, la rende una promessa senza passato e carica di futuro. Insieme per il futuro, infatti. E con questa scelta, che ha tutto di occidentale e di euroatlantico, che si radica in una efebica lettera belga dell’Ottocento scritta da un giovane e biondo camminatore di Charleroi, fa un favore al suo paese, ne sia o no cosciente il sublime bibitaro moro di Pomigliano d’Arco, rivelatosi statista non per caso. Tutti sono alla ricerca di un Io convincente per gli elettori smarriti: una è donna, madre, cristiana; uno è i pieni poteri, e prima gli italiani e i russi; noi poveri occidentalisti della Ztl diciamo prima gli ucraini e le armi, poi il gas e l’inflazione da domare per proteggere care, effimere libertà. La sola esistenza di Di Maione, già Giggino nelle mie stupide invettive del passato, dimostra che la soluzione non verrà da elezioni politiche semi maggioritarie, ma da un ferreo e funzionante, anzi pienamente efficiente, sistema trasformista, il nostro blasone, il nostro distintivo, il nostro unico fattore di stabilità e governabilità.

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.