(foto Ansa)

le spaccature

Così la questione diesel ed emissioni incendia i partiti italiani

Redazione

Sul pacchetto Fit 55 la maggioranza Ursula si spacca. E le divisioni hanno straschici anche tra le forze politiche italiane. Il caos nel Pd, con Tinagli che vota in dissenso dal partito

Dopo il voto sul pacchetto Fit 55 di ieri al Parlamento europeo, la maggioranza Ursula è in pezzi. Non solo perché su uno dei cavalli di battaglia della presidenza Von der Leyen, un pezzo di Green deal come il sistema dello scambio di emissioni Ets, si è preferito soprassedere e rinviare tutto in commissione evidenziando una legislatura oramai ingovernabile. Ma soprattutto perché dall'esito in Aula si sono prodotti degli strascichi politici evidenti. Che si sono resi manifesti a maggior ragione tra i partiti italiani. Il diesel e le questioni ambientali, insomma, hanno finito con l'incendiare ancor di più i rapporti tra le forze politiche. 

Così, per esempio, è successo che sull'accantonamento dei limiti alle emissioni di Co2 si sia verificata un'inedita convergenza tra la sinistra europeista e l'estrema destra. Per dire, il Pd di Enrico Letta e Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni dopo essersi a lungo accusati e contro accusati sul punto hanno votato nello stesso modo. Anche se il segretario dem questa mattina in un'intervista a Repubblica ci ha tenuto a specificare che lo hanno fatto "con motivazioni e da prospettive completamente diverse". Non è bastato a placare i rimbrotti di uno come Carlo Calenda, eletto al Parlamento europeo tra le file del Pd e che però ha pesantemente accusato Letta per l'atteggiamento tenuto dai suoi a Strasburgo. In sostanza, l'emendamento in votazione ieri cercava di inasprire ulteriormente i costi per le imprese rispetto a un accordo trovato in commissione Industria, che già da parte sua era molto restrittivo. La destra l'ha boicottato perché considerato troppo forte. La sinistra perché troppo morbido. "Casino da doppio estremismo", è stata la lettura data dal leader di Azione.

Ma non solo. Perché anche nel Pd sono emersi dei voti in dissenso rispetto all'orientamento del gruppo. Il più eclatante è quello della vicesegretario Irene Tinagli, che sempre sul limite alle emissioni ha votato con il Partito popolare europeo e Renew. Ma se si guarda alla composizione della maggioranza Draghi, la schizofrenia tattica è lapallissiana: la sinistra vota contro come la destra, mentre Forza Italia sostiene l'emendamento e il M5s si astiene. Al punto che anche Antonio Tajani, solitamente molto misurato, ieri ha rilasciato dichiarazioni tutt'altro che quiete. "Il Pd si è alleato con l’estrema destra, con Adf e Le Pen, per i loro capricci", ha detto il coordinatore di FI. 

Fatto sta che la questione delle emissioni non era l'unica in campo. Perché anche sul bando alla vendita di auto a benzina e diesel a partire dal 2035 la maggioranza europea è sembrata sul punto di esplodere, salvo poi riuscire a sventare l'emendamento soppressivo del Ppe, che avrebbe rimandato l'impegno alle calende greche. "Una follia, un regalo alla Cina e un disastro per i lavoratori", ha commentato il segretario della Lega Matteo Salvini. Nella maggioranza di governo, questa posizione era sostenuta da Pd e M5s, che l'hanno salutata come "una decisione storica"

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