"Piacere, Capuano". Le consulenze a Frattini, i legami col Kuwait. Parla il nuovo sherpa di Salvini

Valerio Valentini

Dice di aver risolto la crisi dell'Iraq nel 2010. Vanta tre lauree, tutte prese in serie e in età avanzata, e vincoli con una importante famiglia del Kuwait. "I contatti con Salvini? Lo incontrai un anno e mezzo fa, insieme a un ambasciatore del Golfo Persico". Tra emiri e leghisti. A sportellate con l'ex deputato che doveva portare il capo del Carroccio da Putin. Su di lui indaga anche Palazzo Chigi

Chissà se anche a Matteo Salvini s’è presentato come faceva dieci anni fa, stando a quanto raccontano i narratori delle sue gesta, con gli ambasciatori italiani nel Golfo Persico. “Sono Antonio Capuano e mi manda Franco Frattini”: grosso modo così, s’accreditava. “Ma questo – si difende lui – lo dice chi vuole  infangare uno statista come Frattini”. Che però di Capuano si fidava davvero. “Lo aiutai a risolvere la crisi politica dell’Iraq, nel 2010”. E si capisce allora perché, forse prima di ammettere che siamo in una farsa di bassa Lega, il Copasir voglia chiedere a Franco Gabrielli un chiarimento proprio su di lui, Capuano, il nuovo sherpa del leader del Carroccio.

E forse allora, benché Salvini quando l’ha saputo abbia subito sbuffato (“vogliono usare questa faccenda per colpirmi politicamente”), sarà lui, il sottosegretario che a Palazzo Chigi gestisce la delega ai servizi segreti, a chiarire tramite una relazione scritta, al Comitato parlamentare che sovrintende all’intelligence, il profilo di Capuano. Che però la sua improvvisa centralità nel dossier russo-ucraino, e nella polemica di giornata, la giustifica nel più semplice dei modi. “Sono uno che studia: sono un giurista, un esperto di questioni internazionali, a me lo studio mia ha salvato la vita”. A dire il vero, nel database della Camera, Antonio Capuano, nato a Frattaminore, in provincia di Napoli, l’11 settembre del 1971, eletto con Forza Italia nel collegio di Acerra e rimasto in carica come deputato tra il 2001 e il 2006, risulta essere “perito elettronico”. “Le lauree sono arrivate dopo”, precisa lui. E sono arrivate in serie. “Scienze Politiche all’Università internazionale di Roma, nel 2007. Giurisprudenza all’Università telematica Marconi, nel 2009. Economia all’Università di Perugia, nel 2012”. 

Studio matto e disperatissimo, insomma. Ma sui suoi trascorsi accademici ci torniamo. Prima va chiarita la faccenda dell’Iraq. Capuano che aiuta Frattini a risolvere una crisi che angosciava mezzo mondo: com’è questa storia? “Nel 2010, Nuri al Maliki non riusciva a fare il governo. E io al Maliki lo conoscevo bene”. Le prove ci sarebbero. O, almeno, un indizio: tre foto che lo ritraggono insieme all’allora primo ministro iracheno: strette di mano, sorrisi di circostanza, pose davanti le bandiere. “In quell’occasione, quando Frattini, da ministro degli Esteri, venne in visita a Bagdad, mi occupai di dargli dei suggerimenti. Che si rivelarono azzeccati”. E perché Frattini li chiese a Capuano, questi consigli? “Mi sollecitate a rivelare cose che devo tenere riservate. Ma io i dossier caldi li ho sempre maneggiati”.

Di certo Frattini, o chi per lui, dovevano ritenerle utili, quelle consulenze, se in quei mesi acconsentì a che Capuano partecipasse a vertici tra i capi di stato e di governo ai massimi livelli. “E questo chi lo ha detto?”, si insospettisce l’ex deputato. Che però non ricorda che è stato proprio lui, a dirlo. Nel febbraio del 2015, ospite in una trasmissione della tv del Kuwait – grandi sforzi per esibire il suo arabo, coi due conduttori che però lo scherniscono: “Deve averlo imparato cinque minuti fa” – è Capuano a raccontare l’aneddoto: “Nel maggio del 2010 l’emiro del Kuwait venne a Roma. E io partecipai a quel meeting”. Quello, cioè, col premier Silvio Berlusconi. “Ma non pensate a chissà quali poteri forti: io, semplicemente, ho legami personali col Kuwait, legami con una famiglia molto nota in quel paese”.

E in effetti si spese molto, per propiziare il riconoscimento di onorificenze a esponenti del governo del Kuwait. “Ma io non propiziai un bel niente”. Eppure le cronache di quegli anni dicono il contrario. 6 ottobre 2010: il vice primo ministro e ministro degli Esteri del Kuwait, Sheik Mohammed Al Salem Al Sabah, è a Palazzo Vecchio per ritirare il Marzocco, uno dei più importanti riconoscimenti fiorentini, dalle mani dell’allora presidente del consiglio comunale Eugenio Giani. E’ l’occasione per annunciare la creazione di un ufficio del Kia (il fondo sovrano del Kuwait), e a presiederlo viene scelto proprio Capuano. L’indomani, il ministro degli Esteri del Kuwait è a Perugia, dove viene insignito di una laurea honoris causa  dall’Università per Stranieri. A presentare il prestigioso ospite alla platea, Capuano. Che, stando a quanto ci ha detto, a quell’epoca dovrebbe essere uno studente di Economia dell’Ateneo perugino, ma viene presentato dalla stampa locale come docente di Procedura civile dell’Università e, addirittura, “consigliere del presidente del Consiglio per il Medio Oriente”. “Ma questi sono i giornalisti, che esagerano sempre”. Fatto sta che ad assistere a quella cerimonia c’è proprio Frattini. E che Capuano, parlando dal pulpito, gli si rivolge così: “Caro Franco”.

Il 26 febbraio 2015, invece, Capuano s’intesta, a modo suo, un’altra onorificenza. E lo fa a nome dell’Università Tor Vergata. “Ma io a Tor Vergata non ho mai insegnato, né ci ho collaborato”. Eppure, negli studi della tv del Kuwait, parla così: “Grazie per darmi l’opportunità di fare questo annuncio, da parte della mia Università, la Tor Vergata di Roma. Vogliamo conferire un importante riconoscimento all’emiro”, Sabah al-Ahmad al-Jaber al-Sabah, “un politico longevo che ha garantito pace e stabilità al suo paese”. 

Resta da capire, ora, come sia arrivato Salvini ad affidarsi a Capuano, per organizzare il suo viaggio a Mosca. “Un annetto e mezzo fa, un mio cliente istituzionale, un ambasciatore di uno dei paesi del Golfo, mi chiese di accompagnarlo in alcune sue visite a esponenti politici italiani. Il primo contatto col leader della Lega nacque lì”. 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.