La nuova musica di governo

Draghi sale sul "Pnrr express". Mancano 31 obiettivi da raggiungere entro fine giugno

Carmelo Caruso

Il premier passa al "crescendo rossiniano". Sul ddl Concorrenza si blinda con Giovanni Toti e alla Comissione Ue garantisce: "Saremo puntuali". Garofoli torna a fare il vecchio lavoro

Cambia il “movimento” di governo. Dunque anche Mario Draghi passa, in musica, dall’“andante moderato” al “crescendo rossiniano”, quello del Guglielmo Tell. E infatti, come il coro, che nell’opera di Gioachino Rossini sprona alla rivolta (“Parla e il tuo dir sarà/ di stimolo al codardo/ e come acceso dardo/ il cuor infiammerà”) pure il premier incita ora il suo “soprasegretario”, Roberto Garofoli, a praticare quello che i musicologi chiamano “lo stringendo”.

 

Le riunioni sulla Concorrenza vengono sospese perché “non occorrono più”. Non ci sarà nessuna ulteriore mediazione con Lega e Forza Italia. Oggi è prevista la calendarizzazione del ddl in Commissione Industria al Senato. Si sale sul “Pnrr express”. Il governo vuole raggiungere entro fine maggio 30 target. Il 30 giugno devono essere 45. A oggi quelli conseguiti sono 14.


Teneramente accompagnata dalla lettera-raccomandata di Draghi alla presidente Maria Elisabetta Casellati (“incardiniamo presto il ddl”) e ripristinata nella sua versione originale, torna quindi la vecchia e robusta “Concorrenza”. E non è un “capriccio” parlare di musica. Lo ha fatto la coordinatrice del Pnrr, Chiara Goretti, ieri a Firenze, nel corso di un dialogo con il sindaco Dario Nardella e Marco Leonardi, capo del dipartimento per la programmazione economica di Palazzo Chigi, quando ha usato il termine (musicale) “ascendente” (“siamo nella fase ascendente del Pnrr”).

 

La dottoressa “Italia domani” spiegava infatti che si deve concludere “entro la fine di quest’anno quella che io chiamo la fase ascendente”. E da lontano era come se si sentisse l’eco delle promesse che Draghi ha fatto alla Commissione Ue in queste ore: “Vi do la mia parola, faremo tutto e lo faremo bene”. Sulla Concorrenza, al Senato, il premier può contare sicuramente su Giovanni Toti e sulla sua “Italia al Centro” che vanta ben tre componenti (Mollame, Biasotti, Rossi) nella Commissione Industria dove ristagna da mesi il ddl Concorrenza.

 

Gli uomini di Toti sono ben dieci al Senato e hanno già chiesto alla Casellati di essere riconosciuti come gruppo. L’istruttoria è in corso. Il premier, sempre ieri, dopo aver incontrato il suo omologo bulgaro, li ha ricevuti. Oltre a Toti erano presenti il deputato Marco Marin e due querce sempreverdi del centrodestra. Si tratta dei senatori, Paolo Romani e Gaetano Quagliariello.

 

Uscendo e scherzando, ma neppure tanto, si tenevano a braccetto come i tre tenori, ma senza barba, e cantavano: “Contiamo più di un partito di massa”. Si sbagliava quindi il centrodestra che aveva puntato sulla deterrenza parlamentare, il filobustering, l’ostruzionismo a colpi di “commissione-calendarizzazione-emendamento-voto-tavoli”, l’equipaggiamento del deputato-senatore con il mustacchio, quello che intravede il viale del Pnrr, che sogna l’uscita di scena da Gattopardo, la serenità del non fare nulla. Quelle elencate poco sopra  sono tutte armi a disposizione dei carristi, il reparto “adagio, adagio”, un reparto che è rappresentato da Matteo Salvini, il liberale-slabbrato.

 

Nelle ultime ventiquattro ore, tra le altre cose, ha invertito marcia. Con i suoi panzer si indirizza non più verso Mosca ma verso Bruxelles. A sentire da come la dice, e l’ha detta, è pronto a rinunciare ai soldi del Pnrr perché “se la Ue chiede il massacro degli italiani, la nostra risposta è no”.

 

Gli ha risposto  il commissario europeo Paolo Gentiloni ricordandogli che solo un tontolone può scambiare gli impegni presi con un’istituzione, che vuole riempire le casse di stato, e paragonarlo a un “massacro”. Salvini si è in pratica inventato il primo “eccidio di cartamoneta”, “la mattanza di euro”, la prima morte per annegamento di filigrana. I suoi gli dovrebbe regalare i fumetti di Paperon de’ Paperoni. Uack!

 

E’ capace di dire all’Europa “tenetevi il denaro” perché lui vuole la libertà di parcheggiare l’auto in doppia fila, di mettere le dita nel naso, di fare a modo suo. L’Italia è la sola nazione che ospita un leader che riesce a proporre nello stesso tempo la flat tax e il monopolio delle concessioni balneari. Come si può dare torto a Draghi? Quando è solo con i suoi consiglieri e si trova a riflettere sulla politica italiana ne parla come qualcosa di stravagante. C’è un classico che ha appena ripubblicato Quodlibet che forse restituisce il suo  stato d’animo. E’ “Altrove” di Henri Michaux, un viaggio tra uomini immaginari, stravaganti. Li chiama Urguli, Cordobi, figure con “il volto appesantito, costantemente scottato dall’astio, gonfio di umori velenosi, ingrommato”.

 

Si deve insomma dire perfino grazie a queste stravaganze, alla loro “esgalescion”, se alla fine è stato possibile restituire Garofoli, alla sua famiglia, all’affetto dei suoi cari. Grazie all’ora basta di Draghi, torna alla sua bacchetta da direttore d’orchestra e smette di fare il fonico di sala della Commissione Industria del Senato, la Yale dei liberali con le spiagge degli altri. Sua, di Garofoli, è la risposta a tutte le angosce della Commissione Ue e a Salvini: “Il Pnrr costituisce l’antidoto a rischi recessivi, lo strumento per ribilanciare gli effetti della crisi”. C’è un prima e un dopo da giovedì scorso, il giorno del “Cdmkrieg”. E’ il nuovo movimento, musica e muscoli. Del resto, come  diceva un vecchio corridore,  “se proprio devi correre, tanto correre veloce, no?”.
 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio