Sui balneari Salvini tenta l'estrema difesa con Draghi: "Una parte dei miei non sarebbe d'accordo"

Valerio Valentini

L'incontro a Palazzo Chigi per sbloccare il ddl Concorrenza. Il leader della Lega si giustifica parlando della contrarietà di Centinaio e di una pattuglia di irriducibili. Ma Giorgetti, Garavaglia e Fedriga hanno già concordato la mediazione col sottosegretario Garofoli. "Ancora due o tre giorni, poi si chiude", dice il premier. Nessuna proroga in vista

S'è giustificato a modo suo. Dicendo, in sostanza, che non lo fa per cattiveria, è solo che "c'è una parte del mio partito" che quell'intesa proprio non la digerisce. Matteo Salvini in versione disarmata, pacifista per davvero ma non sulla questione, recalcitrante malgré soi. L'armistizio che il leader della Lega è pronto a firmare è quello delle spiagge. E del resto Mario Draghi è stato chiaro, ha concesso "ancora due o tre giorni" a questa negoziazione surreale, portata avanti da sabotatori di professione, che si prolunga stancamente da quasi un anno, "due o tre giorni e poi si chiude". E finalmente, verrebbe da dire, visto che la pantomima balneare sta inceppando tutto il ddl Concorrenza, su cui incombono le scadenze del Pnrr. Insomma tra le altre cose, l'incontro a Palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio e il segretario della Lega è servito anche a questo: a indicare una via d'uscita sulla più complicata delle trattative in corso. Nessuna proroga legata alla necessità di effetturare nuove mappature dei lidi.

Nessun rinvio a data da destinarsi per i bandi di gara. Il termine indicato dal Consiglio di stato, che ha fissato la durata delle proroghe attuali al 31 dicembre del 2023, andrà rispettata. Entro quella data, le gare per l'assegnazione delle concessioni balneari andranno avviate. Potrà esserci, in alcuni casi, dei prolungamenti tecnici dell'iter, legati a dinamiche locali: ma comunque entro il 2024 le concessioni andranno riassegnate. "Parliamo di mesi, non anni". E la Lega ne chiedeva di anini, eccome: almeno un quinquennio di limbo, era l'istanza del Carroccio. Accanto a questo, il governo prevede - come concordato coi relatori del ddl Concorrenza, convocati a oltranza a Palazzo Chigi in questa giornata di frenetiche consultazioni - una serie di indennizzi e di tutele per i gestori uscenti, specie per quelli che detenevano titoli di gestione duraturi e che ne facevano la principale fonte di reddito personale. Questo, in sostanza, il pacchetto di ciò che Draghi è disposto a concedere. 

Ed è ciò che Salvini è rassegnato ad accettare. "Anche se prima dovrò confrontarmi col partito. Con una parte, soprattutto", ha spiegato l'ex ministro dell'Interno. Perché l'altra parte, quella "governista", la mediazione l'ha già accolta da un pezzo. Di più: perché Giancarlo Giorgetti e Massimo Garavaglia, ministri direttamente coinvolti nella trattativa, questo testo hanno contributo a scriverlo. Massimiliano Fedriga, presidente del Friuli a capo della Conferenza delle regioni, ha già dato il suo assenso. Della ragionevolezza Luca Zaia nessuno dubita. Però restano gli altri, gli urlatori, gli ultimi giapponesi sul bagnasciuga della propaganda. Gianmarco Centinaio li guida: è lui, attuale sottosegretario all'Agricoltura, che nel 2018, in epoca di Conte I, da ministro del Turismo varò la proroga delle concessioni fino al 2033, quella che poi il Consiglio di stato avrebbe decurtato di un decennio. Ed è lui che ora difende la linea. "Ancora per due o tre giorni", almeno. 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.