La sfida

Conte vuole farsi rieleggere leader del M5s attaccando Di Maio: "Con me mai più moderati"

"Con me no ad aumento spese militari. Copia altri partiti. Fin qui pazienza,ora basta"

Simone Canettieri

In un video il leader del M5s minaccia il governo minacciando le sue dimissioni. Lancia un nuovo voto e vuole il plebiscito. E' una spina per Draghi

Vuole il bagno di folla e agita un nemico interno: Luigi Di Maio. Camicia bianca, niente giacca né pochette, Giuseppe Conte con un video di 5 minuti lancia il voto per farsi di nuovo eleggere presidente del M5S lunedì e martedì prossimi: "Non mi interessa prendere il 50,1% dei voti, anzi vi dico sinceramente che se il risultato fosse cosi risicato sarei il primo a fare un passo indietro". È il bis a cui lo obbligano i tribunali per il quale al momento è sospeso, come il caffè di Napoli.

 

A differenza però dell’estate scorsa, l’ex premier va giù pesante. Teme la scarsa affluenza alle urne web (nei giorni scorsi solo 34mila iscritti, uno su tre ha rivotato lo statuto) e quindi alza i toni. Ce l’ha con Luigi Di Maio. Cita il correntismo, chi vuole per forza piacere a tutti, chi sta nella stanza dei bottoni, chi fa parte della vecchia politica, chi rema contro. Promette che se sarà rieletto capo politico - ci mancherebbe pure: è l’unico candidato - le cose internamente cambieranno. Ce l’ ha con il moderato di Pomigliano D’Arco: basta essere acque chete. “La pazienza è finita, basta con chi rema contro”. È il Conte urlante. Che abbaia alla corrente del M5S e prova a mordere il governo. Le cose si tengono. Perché in pieno conflitto ucraino torna a scandire che il M5S “dice no a un aumento massiccio delle spese militari a carico dello Stato”. Si ritorna appunto al nemico evocato è mai citato: al ministro degli Esteri che segue la Nato sull’incremento delle spese militari al contrario dell’ex premier pronto a mettere pannelli fotovoltaici nei cannoni. “Serve una rivoluzione energetica”. Conte non vuole piacere a tutti (parafrasando al contrario il libro di Francesco Piccolo) ripudia la stanza dei bottoni dopo tre anni a Palazzo Chigi, dice addio al moderatismo. È l’avvocato del pueblo.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.