Militari italiani in missione Nato, in Lettonia lo scorso febbraio (Ansa)

In guardia

Nel solco di Scholz e Macron. Guerini rilancia la difesa italiana e quella europea

Ruggiero Montenegro

In Europa cresce la necessità di un approcco comune. "Un esercito moderno è una garanzia per i cittadini", dice il ministro della Difesa. Ieri era stato il presidente francese ad annunciare nuovi investimenti "per essere pronti a una guerra di alta intensità". E anche la Germania lavora per rafforzare le forze armate

Non è il caso di fare polemiche, e soprattutto nemmeno il momento. Perché la fase è di quelle delicate. E quando si parla di guerra, non si può che partire dalla difesa, magari comune ed europea, e dall'esercito. “Forze armate moderne ed efficienti sono garanzia in primis per i cittadini, per la loro sicurezza e per il ruolo dell’Italia nel mondo. E il contesto attuale lo richiede ancora di più”. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini non ci gira in tondo e va dritto al punto, difendendo le scelte del governo Draghi (e non solo) e quelle del Parlamento, che ha deciso di portare al 2 per cento del Pil la spesa militari. Anche perché, lascia intendere nell'intervista rilasciata al Corriere, le decisioni di oggi non sono frutto dell'improvvisazione: “Negli ultimi due anni si sono fatti importanti passi in avanti, a partire dagli investimenti”. Semmai, questo processo è stato accelerato dalla guerra in Ucraina, e certe necessità, seppur con un'intesità minore, erano già emerse lo scorso agosto con la crisi afghana, quando il tema della difesa europea è tornato d'attualità.

 

Le Forze armate sono chiamate a rispondere a missioni decisive: la difesa dello Stato e dei suoi interessi vitali, la difesa degli spazi euro-atlantici ed euro-mediterranei, le missioni internazionali”, continua Guerini, che si dice “sorpreso della sopresa” rispetto alla circolare dello Stato maggiore della difesa che invita i reparti a tenersi pronti e ad addestrarsi per gli scenari di guerra. “È un’attività ordinaria che riguarda il livello esercitativo e di prontezza, anche tenendo conto del contesto attuale e delle sue possibili evoluzioni”, è la spiegazione. Ma non vuol dire, sottolinea, che l'Italia stia per mandare i suoi uomini al fronte, così come la No fly zone non è all'ordine del giorno in quanto “allargherebbe drammaticamente il conflitto. La soluzione sta nel percorso avviato: pesanti sanzioni alla Russia e sostegno materiale, anche con invio di armamenti, all’Ucraina”.

 

Il ministro della Difesa insomma traccia la rotta, che non può che essere quella di un fronte europeo-occidentale che si rafforza e si rilancia, inserendosi in un solco più ampio in cui il ruolo della Difesa torna centrale. Non è un caso se ieri il presidente Emmanuel Macron, nel presentare il suo programma elettorale in vista della corsa all'Eliseo, abbia sottolineato come la Francia debba intensificare i suoi investimenti nella difesa per "poter affrontare una guerra di alta intensità", promettendo inoltre di portare a 50 miliardi il bilancio della difesa nazionale entro il 2025. "Dobbiamo avere una nazione capace di difendersi da tutte le forme di rischi", ha aggiunto Macron, con parole che risultano in continuità con quelle dello stesso Guerini.

E non è un caso nemmeno che Berlino abbia scelto la stessa strada, istituendo un fondo speciale da 100 miliardi, come annunciato qualche settimana fa dal Cancelliere Olaf Scholz: “E da ora, anno dopo anno, investiremo oltre il 2 per cento del Pil in difesa". Che in concreto, e almeno nel futuro più prossimo, si traduce nella sostituzione dei vecchi Tornado tedeschi, aderendo al programma degli F-35, costruiti anche da Leonardo. La stessa azienda che dovrebbe fornire alla Germania anche nuovi elicotteri, inaugurando una nuova intesa che non si esaurisce nella dimensione economica e industriale, ma che rappresenta un passaggio deciso verso la messa in comune di interessi, obiettivi e strumenti, verso una difesa che sia autenticamente comune. Non solo nelle dichiarazioni, ma anche, se necessario, sul campo.