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EDITORIALI

Letta, lingua di legno sulla giustizia

Redazione

Il segretario del Pd si spende per il referendum che non c’è e non contro il giustizialismo

Una posizione bisogna pur prenderla alla fine, anche controvoglia. Dunque ieri pomeriggio Enrico Letta, in direzione del Pd, ha messo qualche punto forse non fermissimo sui referendum per la giustizia: due no e tre nì (nella sostanza sarebbero sì, ma “le riforme più importanti sono quelle che sono in Parlamento”, insomma meglio se non si va alle urne). La mattina si era aperta però in modo assai diverso, per il segretario dem, con un intervento sulla prima pagina di Repubblica dedicato al tema del referendum che non c’è, quello sull’eutanasia: “Sul fine vita il Parlamento deve decidere subito”. Letta va all’attacco della politica in cui “la modernità fatica a entrare nell’agenda del legislatore”.

Giusto e legittimo il richiamo alla necessaria azione del Parlamento, dopo che il quesito dell’Associazione Coscioni è stato dichiarato inammissibile, e giusto il sostegno alla proposta di legge “sulla morte medicalmente assistita”. Ma c’è anche un’altra battaglia, altrettanto importante, in campo: quella per la giustizia. E in questo caso i referendum sono stati ammessi, con un certo disagio nel Pd, dove l’ago della bilancia pende storicamente per il partito dei magistrati. E, per carità, il fatto che dietro a quei referendum ci sia Salvini rende comprensibile la tattica di Letta. Ma poi, così come il fine vita è un tema cruciale per i cittadini, lo è anche la giustizia: per le vittime di malagiustizia, di carcerazioni preventive ingiuste. E se per i tre quesiti per i quali Letta preferisce rimandare al Parlamento  – la separazione delle carriere, l’eliminazione delle liste di presentatori per l’elezione dei togati del Csm e il diritto di voto nei consigli giudiziari – ci si può affidare al buon esito delle riforme in corso, sentire proclamare dal segretario del Pd la “netta contrarietà su custodia cautelare e legge Severino”, cioè ai quesiti su una legge nata giustizialista e su un istituto vessatoriamente usato da trent’anni a questa parte, ha qualcosa di sbalorditivo. O di molto simbolico: su questi temi, il Pd non è cambiato né intende farlo.

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