Foto Ansa 

La surreale versione di Todde (M5s) sul Tap: "Supportato dal governo Conte”

Luciano Capone

I grillini che si opposero strenuamente contro la costruzione del gasdotto adesso rivendicano meriti che non hanno 

E' un discorso dialogo surreale quello tra il giornalista Antonino Monteleone e la viceministro grillina dello Sviluppo economico Alessandra Todde. Monteleone ricorda, in questa fase di aumento del costo dell'energia, che il M5s era contrario alla costruzione del Tap, il gasdotto transadriatico che in questa fase molto critica sta garantendo all'Italia il 10% dell'approvvigionamento di gas.

“Il tema non è l'infrastruttura in sé, ma che beneficio può portare al nostro paese", è la risposta della Todde durante la puntata di Piazzapulita su La7. "Il Tap ha portato 10 miliardi di metri cubi di gas dall'Azerbaijan e quindi non è buona l'infrastruttura in sé, è buono il fatto che abbiamo differenziato la fonte e quel gas è particolarmente conveniente”. Si tratta di un'argomentazione abbastanza surreale perché, essendo un gasdotto, il Tap non è stato pensato per trasportare acqua minerale ma, appunto, gas. E l'obiettivo non era “creare un'infrastruttura in sé”, quasi fosse un'installazione artistica, ma proprio differenziare le fonti di approvvigionamento facendo arrivare il gas dall'Azerbaijan. “Avete preso i voti di chi non lo voleva e adesso rivendicate di averlo fatto. È un po' strana questa cosa...”, è l'osservazione del giornalista quando la vicepresidente del M5s dice che “Il Tap è stato supportato dal governo Conte”.

 

 

L'affermazione della Todde è a dir poco fuorviante, per non dire falsa. Perché da sempre il M5s si è opposto strenuamente contro la costruzione del gasdotto, partecipando a manifestazioni No Tap con i big del partito in prima linea: Beppe Grillo, Barbara Lezzi, Alessandro Di Battista. “Con il governo del M5s quest'opera la blocchiamo in due settimane”, urlava Di Battista in un comizio in Salento pochi mesi prima delle elezioni del 2018. “Questo gasdotto non serve a niente. Il gas non serve all'Italia. Non serve neanche all’Europa. Abbiamo più gasdotti del dovuto”, urlava durante una manifestazione No Tap Barbara Lezzi, prima di diventare ministro del Sud.

 

E non è vero che l'impostazione è cambiata radicalmente con il governo Conte. Il M5s ha continuato ad opporsi al gasdotto e ha tentato in tutti i modi di bloccare la sua costruzione, senza però riuscirci. “Si tratta di un accordo tombale e il Paese non può fare altro che subire le decisioni prese per colpa del PD in Parlamento. Sciacalli sia ieri che oggi – dichiarava il sottsegretario grillino agli Esteri Manlio Di Stefano, che oggi si dice favorevole al Tap –. E' una mina lasciata a terra dagli imbroglioni per natura che ci hanno preceduto, ed è impossibile da disinnescare. E Calenda, Emiliano, Letta e tutto il Pd sono i principali ed unici veri responsabili”. L'allora vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio dichiarava: “Sul Tap sono stato molto chiaro: il M5s era ed è No Tap”. Poi il gasdotto si è fatto solo perché, spiegava l'allora capo politico del M5s: "Non sapevo che c'erano delle penali da pagare, l'ho scoperto una volta diventato ministro. Da ministro dello Sviluppo economico ho studiato le carte Tap per tre mesi. Vi posso assicurare che non è semplice dover dire che ci sono delle penali per quasi 20 miliardi di euro. Ma è così, altrimenti avremmo agito diversamente”. 

 

Della stessa linea di Di Maio era il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che dopo aver dato il via libera all'opera, spiego agli elettori del M5s che aveva effettuato “un rigoroso controllo delle procedure di realizzazione dell'opera al fine di verificare tutti i profili di eventuale illegittimità che erano stati segnalati", preannunciando che “se avessimo riscontrato tali profili di illegittimità non avremmo esitato ad assumere tutti i conseguenti provvedimenti, compresa la decisione di interrompere i lavori”. Ma, concludeva Conte “ad oggi non è più possibile intervenire sulla realizzazione di questo progetto che è stato pianificato dai governi precedenti con vincoli contrattuali già in essere. Gli accordi chiusi in passato ci conducono a una strada senza via di uscita. Non abbiamo riscontrato elementi di illegittimità. Interrompere la realizzazione dell'opera comporterebbe costi insostenibili, pari a decine di miliardi di euro. In ballo ci sono numeri che si avvicinano a quelli di una manovra economica.  Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, non lasciando nulla di intentato. Ora però è arrivato il momento di operare le scelte necessarie e di metterci la faccia”.

 

Insomma, non è affatto vero che il M5s e Conte abbiano mai sostenuto la costruzione del Tap. Si sono sempre opposti, con ogni mezzo, alla realizzazione di un'opera che ora è ritenuta strategica senza però riuscire nel loro intento. Per fortuna.

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali