(foto Ansa)

Calderoli batte Fedez cinque a zero

I quesiti della Lega erano scritti bene, quelli di Cappato no

Maurizio Crippa

Un brutto scivolone, non degno dei Radicali, gridare al "brutto segnale per la democrazia" dopo la bocciatura dei quesiti su eutanasia e cannabis. Meglio farsi dare lezioni dal Gran Visir della Lega. La strategia di aprire buchi giuridici nelle leggi per superarle di fatto è sbagliata e non funziona sempre

Tipi da spiaggia? No, tipi da referendum!”. Era il tweet balneare, quest’estate, di Marco Cappato per celebrare l’adesione di Fedez al referendum per l’eutanasia legale. Ringraziava per “la pubblicità”, così utile per sensibilizzare “in particolare tante ragazze e ragazzi”. Sembrava un trionfo, anche grazie alla nuova democrazia digitale, tanto più comoda per la raccolta firme. Mercoledì sera, di quella balneare allegria era rimasta la cenere, e un nervosismo scomposto: “Un brutto segnale per la democrazia”, ripeteva il tesoriere dell’Associazione Luca Coscioni come se d’un tratto la Corte costituzionale non fosse più la massima espressione della democrazia. Altro umore aveva Roberto Calderoli, Gran visir di carte e leggi della Lega: “La Corte ha accolto cinque nostri quesiti su sei, ottimo risultato”. Lui, i referendum li ha scritti bene.

Accolti tutti quelli sulla giustizia per cui s’è impegnata la Lega, tranne uno: bocciato perché in effetti il quesito sulla responsabilità diretta dei magistrati rendeva il referendum “più che abrogativo”. E siccome Calderoli conosce anche le regole e le fatiche della Repubblica, i suoi quesiti sulla giustizia li aveva fatti proporre dai presidenti di regione, senza dover ricorrere ai gazebo e alle sponsorizzazioni di Fedez. Gran visir batte Tesoriere 5 a 0, la democrazia è quella cosa per cui le regole e le formule contano, se no diventa Tik Tok. Ma fortunatamente i giudici non badano ai clic di Fedez e agli umori popolari, ma leggono anche le carte. Zero, per Marco Cappato e i suoi, perché dopo quello per l’eutanasia legale anche il quesito sulla depenalizzazione della cannabis è stato respinto. Ma, entrambi, non sono stati bocciati in punta di cavillo (espressione pure malamente usata da chi si è sentito orbato, un po’ populisticamente, della democrazia diretta).

Sono stati bocciati perché in sede di formulazione avevano qualcosa di non corretto, o di eccedente rispetto all’esito proposto. Il giudizio di costituzionalità su un quesito abrogativo ha infatti per oggetto una norma che è in vigore, e valuta le conseguenze complessive di quella possibile abrogazione. Male fanno quindi Cappato e gli altri promotori a gridare a uno sfregio alla democrazia che non c’è stato. La democrazia – come hanno sempre proclamato e dimostrato con la loro prassi i padri nobili del Partito radicale – si regge proprio sulla correttezza delle formule, delle parole, e sul loro corrispondere allo spirito delle leggi. E il cambio di qualche parola avrebbe in questi casi modificato la norma e lo spirito oltre il dovuto. O così hanno stabilito i giudici, e sono autorizzati a farlo. E’ un brutto scivolone – verso un giustizialismo sostanziale e dunque populista – quello che arriva a denunciare una politicizzazione della Consulta perché ha svolto il suo compito.

Quando invece, avrebbero tenute in considerazione due altre cose. Primo, il tono populista non s’addice alla storia radicale. Affidarsi a Fedez, sostenitore anche del referendum sulla cannabis, può essere uno spot, ma meglio non affidargli lo spirito del referendum e il mugugno sguaiato contro chi legittimamente decide (magari, in futuro, farsi dare ripetizioni da Calderoli). Secondo, i due quesiti sono stati bocciati, in buona sostanza, perché è sbagliato il metodo di utilizzare l’abrogazione parziale di una legge per via referendaria – un articolo, due articoli – allo scopo di renderla di fatto non più applicabile in generale. Per meglio dire, è una forzatura provare ad attuare per via giurisprudenziale un taglia e cuci abrogativo, riforme legislative prima che ci siano le leggi che le introducono. In questi due casi, l’omicidio del consenziente e la non punibilità della coltivazione di determinate sostanze, il buco che si sarebbe aperto sarebbe stato troppo ampio. Certo, Leonardo Fiorentini, segretario del Forum Droghe, ha dichiarato con qualche presunzione che “noi non abbiamo sbagliato. E’ la legge sulle droghe a essere scritta malissimo”. Il che è probabile, ma è pur sempre la legge in vigore. E la si corregge al più riscrivendola, non aprendovi delle falle che ne modificano il senso a piacimento. Nel caso, meglio non affidarsi a Fedez.  

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"