Il Mattarella bis è un'altra sfida per il cattolicesimo democratico

Sergio Belardinelli

Nella rielezione c’è una specie di risvolto provvidenziale. Speriamo sappia richiamare l’attenzione di tutti su quanto sia importante per un paese avere una classe politica che esprima una cultura politica

Il 3 agosto scorso, all’inizio del cosiddetto semestre bianco, scrivevo su questo giornale dei possibili scenari che avevamo di fronte. Dei tre che indicavo come possibili e auspicabili, il meno probabile mi sembrava la rielezione di Mattarella. E invece Mattarella è stato richiamato a gran voce al Quirinale. Presumo che a questo punto si parlerà molto di sconfitta della politica e della scarsa qualità di un Parlamento incapace persino di eleggere un nuovo Presidente della Repubblica: tutti segni di un preoccupante degrado della nostra classe politica, manifestatosi in modo eclatante anche nel 2013 con la rielezione del Presidente Napolitano. Eppure, visto come si stavano mettendo le cose, vista la pandemia e la situazione economica del paese, nella rielezione di Mattarella c’è una specie di risvolto provvidenziale.

   

Di sicuro, per quanto in punto di Costituzione esprima una certa anomalia, Mattarella Presidente significa che al vertice delle nostre istituzioni continua a stare un galantuomo che comunque appartiene alla politica e che in qualche modo la riscatta. In secondo luogo Mattarella Presidente ridà slancio, così almeno spero, all’azione di governo di Mario Draghi, colui che consideravo il suo successore quasi naturale. Lo dico quasi con tremore, ma se fosse accaduto quanto si andava paventando nei giorni scorsi, ossia lo sfaldamento anche della maggioranza di governo, l’Italia avrebbe subito un colpo difficilmente rimediabile. Speriamo che Mattarella sappia rimettere insieme i molti cocci che sono stati disseminati e che, soprattutto, sappia richiamare l’attenzione di tutti su quanto sia importante per un paese avere una classe politica che esprima una cultura politica. Già proprio così, una cultura politica.

   
A questo proposito Mattarella è l’espressione più significativa di quel cattolicesimo democratico, che non è certo la mia cultura, ma che senz’altro ha dato molto all’Italia e che, grazie a lui, si vede, esiste. Ma dove sono finite le altre culture politiche? Al di là di una deprimente e vuota smania di apparire, di contare, di esserci, sembra che non ci sia più nulla. Difficile quindi dialogare tra diversi leader politici, difficile trovare punti d’incontro; le parole e i discorsi, stereotipati e meccanici come sono diventati, hanno ormai lo spessore dei segnali stradali, senza avere la stessa affidabilità. Altro che teatro della politica. In un teatro ci sono infatti registi, attori, coreografi che lavorano con competenza su una sceneggiatura, ben sapendo che cosa debbono fare e che cosa il pubblico si aspetta da loro. Qui invece non c’è nulla di tutto questo: non c’è competenza, non c’è una regia, non c’è un’idea di bene comune o di interesse nazionale da perseguire. Si recita a soggetto in un contesto istituzionale che per giunta sembra fatto apposta per esaltare i nostri peggiori difetti. Quando poi le cose si mettono molto male, si affida la barca a un “tecnico”, affinché la traghetti fuori dal pantano, senza che nessuno gli debba riconoscenza. Ma tutto questo non potrà durare all’infinito. 

  
Evviva Mattarella dunque: un galantuomo, una persona seria, uno che conosce la politica e la costituzione e che soprattutto è testimonianza vivente di una cultura politica.

 

Esattamente ciò che manca alla grande maggioranza di coloro che lo hanno eletto.