Verso il Colle

Il sindaco di Bologna suggerisce al Pd di puntare su Draghi al Colle

Il rapporto con l'Europa, il Pnrr, il metodo per arrivare a un accordo prima della quarta votazione

Marianna Rizzini

"L’importante è che si raggiunga un’intesa per avere persone autorevoli, sia a Chigi sia al Quirinale. Politica non significa solo coraggio di governare, ma anche saper prendere decisioni importanti, abbandonando i tatticismi", dice il sindaco di Bologna. Domani l'incontro tra Letta, Speranza e Conte

Il giorno dell’incontro tra Enrico Letta, Giuseppe Conte e Roberto Speranza è quasi arrivato (domani), la prima votazione per il Colle si avvicina e Matteo Lepore, sindaco Pd di Bologna, saluta con favore “l’evoluzione delle ultime ore”, dice al Foglio, “e cioè il fatto che i leader dei partiti stiano dialogando, perché è molto importante che si trovi un accordo già per le prime votazioni, a partire da un punto alto”. E Draghi lo rappresenta, per Lepore e per tanti sindaci per cui, intanto, non ci si può permettere di perdere il treno del Pnrr.


La politica non significa soltanto “coraggio di governare”, dice Lepore — che dal territorio vede le cose dalla prospettiva di chi deve fare — ma significa anche “saper prendere decisioni importanti come quella che deve essere presa adesso, abbandonando i tatticismi, magari ispirati da questa o quella singola corrente. I leader di partito devono e possono ora prendere in mano la situazione, sapendo che ci serve stabilità e tenuta. Abbiamo da un lato il Pnrr da mettere a terra, dall’altro la futura possibilità di rinegoziare il Patto di stabilità. I prossimi due anni sono molto importanti nel rapporto con Bruxelles: e se non saremo in grado di procedere sulla messa a terra del Pnrr, il paese ne risentirà a livello di debito e di finanza”.

 

Lepore ha però un timore, e lo dice con una battuta: “Non vorrei che entrassimo nella fase di votazioni per il Colle con due ‘draghi’, metaforicamente parlando, uno a Palazzo Chigi e uno alla presidenza della Repubblica, e ne uscissimo con due polli. Insomma, dovremmo avere l’ambizione di avere due ‘draghi’ a Palazzo Chigi e al Colle, nel senso dell’autorevolezza e dello standing, per garantire la tenuta del paese”. E un Draghi intanto c’è, di nome e di fatto. “Enrico Letta lo ha spiegato molto bene”, dice Lepore, “dobbiamo pensare prima al paese e al tipo di profilo che serve per il paese, e poi ai nomi attorno a cui costruire un’intesa alta proprio in nome dell’interesse superiore. Draghi ha un profilo altissimo, e i leader di partito hanno legittimato il suo governo. La formula potrebbe anche cambiare, ma l’importante è che si raggiunga un’intesa per avere, ripeto, due ‘draghi’, persone autorevoli, sia a Palazzo Chigi sia al Quirinale. È interesse di quasi tutti i partiti finire la legislatura e portare a casa un risultato, ma mi permetto di ricordare l’ultimo report Oxfam sulle diseguaglianze. Il Pnrr è uno strumento che l’Europa ci ha dato per contribuire ad abbatterle, ma dobbiamo portare avanti i progetti fino in fondo, altrimenti a rimetterci saranno sempre gli stessi. Tanto più la sinistra deve puntare a completare il lavoro impostato, e il prossimo presidente della Repubblica sarà fondamentale nel rapporto con l’Europa nei prossimi due anni”.

 

Che cosa aspettarsi dall’incontro Letta, Conte e Speranza? “Mi aspetto che insieme trovino prima di tutto un metodo per dialogare con il centrodestra, ritrovandosi intanto come schieramento di centrosinistra. E mi viene da pensare alla triste circostanza, proprio in questi giorni, della morte di David Sassoli, il cui nome, a Bologna, vorremmo dare a una scuola d’infanzia. La morte di Sassoli ci fa pensare che non soltanto l’aspetto economico sia essenziale per andare avanti, ma anche quello valoriale. Ecco, quando tra dieci anni gli osservatori guarderanno indietro, all’elezione per il Colle nel 2022, mi piacerebbe ricordassero che c’era un governo per così dire di salvezza nazionale, sostenuto da una maggioranza larghissima, e che a un certo punto la scomparsa di Sassoli abbia fatto da spartiacque tra tentazione di compromessi politici al ribasso e politica alta. E sono convinto che gli italiani vogliano vedere questo: un accordo su un alto profilo, e non certo alla quarta o quinta votazione”. 

 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.