vertice centrodestra

Salvini e Meloni candidano Berlusconi al Quirinale, ma a metà. Tra i due è il gioco dei sospetti

Carmelo Caruso

Il centrodestra incorona Berlusconi candidato al Colle. Mancherebbero 75 voti. Nasce il tavolo permanente per monitorare i numeri. La leader di FdI ottiene che non si modifichi la legge elettorale

Hanno scartato la frase “caro Silvio, per eleggerti al Colle serve un miracolo”. Più di una volta Berlusconi si è paragonato a Gesù Cristo. Ieri, Matteo Salvini e Giorgia Meloni gli hanno chiesto ufficialmente di “accettare la candidatura al Quirinale per il centrodestra”. Fermarlo? Si può forse fermare il soprannaturale? Dicono infatti che, di fronte a lui, il segretario della Lega e la leader di FdI, si siano davvero sentiti come i dodici di quella disgraziata notte quando a turno assicuravano: “Tradirti, io?”.

 

Meloni, accompagnata da Ignazio La Russa, gli ricordava: “Se c’è qualcuno che può vantare il privilegio di aver fatto parte del tuo governo sono io, Ignazio e Gianni Letta”. Salvini: “Metti in dubbio la mia lealtà?”. Alla fine  del vertice, ed era già sera, tra i leghisti girava questa frase: “Evviva Berlusconi. Entreremo con i pattini al Quirinale!”.

 
Salvini e Meloni gli hanno solo imposto di mettere su, a casa sua, all’interno, a Villa Grande, una specie di capanna con uno di quei tanti tavolacci dove si gettano alla rinfusa, telefoni, caffè, giornali, per dare l’impressione che non si cercano solamente parlamentari da evangelizzare, ma che si sta per preparare l’invasione dell’Indocina. In pratica, da domani ci sarà un tavolo permanente che ha il compito di verificare i numeri (ne servono 75, sarebbe questo il numero magico. Ieri il pallottoliere segnava 493) e che sarà composto dai capigruppo della coalizione.

 

Quando si è saputo di questo tavolo quasi tutti hanno provato compassione per questi uomini, come se ne aveva per i soldati con la gavetta che dovevano attraversare le montagne al freddo e con le scarpe malandate. Roma sa essere più pericolosa della Somme e loro devono viaggiare da piazza Colonna fino all’Appia antica. Quanti caduti sta già facendo questa elezione?

 

Raccontano, che alle 14, quando i leader del centrodestra erano a tavola, tutto quello che Berlusconi voleva sentirsi dire era questo: “Dovete essere voi a fare il nome mio”. E loro, Salvini e Meloni, concordavano perché “hai ragione, devi essere candidato secondo le formule”. Luigi Brugnaro, che era alla sua prima volta, lodava invece la casa tanto da risultare, diceva scherzando uno degli invitati “di-rompente”. Voi avreste forse avuto più coraggio?

 

Salvini e Meloni si guardavano consapevoli che da domani sarà difficilissimo per entrambi dormire: “Caro Silvio, noi non ti vogliamo solo candidare, ma ti vogliamo anche eleggere. Devi tenere conto anche delle assenze, dei contagiati”. Salvini che potrebbe avere la più grande occasione della sua vita gli assicurava “è chiaro che se c’è la tua candidatura noi siamo con te” ma ribaltava la difficoltà tanto da aggiungere “proprio per il rispetto che ti portiamo devi essere sicuro di vincere. Se perdi tu, perdiamo noi”. Se Berlusconi è arrivato fino a qui, se crede davvero di farcela c’è una ragione. Fanno sapere che stranamente li ascoltasse e a tratti quasi si isolasse, come se volesse raccogliersi, dare l’impressione che lui “è adeguato”. 

 

Ha voluto che questa parola la ripetessero. Gli ha fatto cucinare il branzino, un pesce che molto somiglia all’idea che deve avere adesso dell’esistenza. I giovani si devono muovere in branco, rispettare la specie vecchia. Lui. Nel dialetto che, spiegava Tullio De Mauro, restituisce il significato profondo delle cose, il branzino viene chiamato, lupasso, louvasso, pesce lup, Llop, Ragniol. E’ un pesce crudele e non solo per le sue spine. I camerieri lo hanno servito con i carciofi che è la pianta dell’unità, anche quella più malandrina.

 

Berlusconi, Salvini e Meloni hanno stretto a modo loro un patto. La leader di FdI ha preteso che la legge elettorale non venga modificata (la sinistra sta offrendo il proporzionale a Salvini). Il segretario della Lega ha ottenuto un’altra settimana di tempo. A metà devono rivedersi. Potrebbe accadere questo: che Berlusconi non sciolga la riserva fino alla quarta votazione. Anche esteticamente lo ricorda. E’ l’Appia ma sembra il loro Getsemani.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio