La Corte dei conti promuove (in gran segreto) il magistrato odiatore di Renzi

Luciano Capone

Il Consiglio di presidenza ha deliberato a dicembre la nomina a Presidente aggiunto di Tommaso Miele, che sui social insultava l'ex premier. La Corte non ne ha dato notizia pubblica e nega l'esistenza della delibera. Mistero

Siamo di fronte a un enigma. La Corte dei conti ha indicato il suo nuovo presidente aggiunto ma non vuole che si sappia. O forse è la stessa Corte dei conti a non saperlo. Ha deliberato e non lo sa oppure non sa di aver deliberato? A questo nessuno pare essere in grado di rispondere. I fatti.

 

Dopo il raggiungimento dei limiti di età dell’uscente Raffaele Dainelli, con una sorta di blitz il 21 dicembre il Consiglio di presidenza – che è un po’ il Csm della Corte dei conti – ha indicato il nuovo numero due della magistratura contabile. Almeno così recita la sintesi dell’adunanza che il Consiglio di presidenza ha inviato a tutti i magistrati: “Punto 13- Esito della procedura concorsuale n. 5036/2021: Il Consiglio ha deliberato di assegnare al presidente di sez. Tommaso Miele le funzioni di presidente aggiunto della Corte dei conti”. Ma tutto viene fatto alla chetichella: a distanza di tre settimane non è stata data alcuna comunicazione all’esterno. In passato la Corte ha sempre rilasciato un comunicato stampa per dare conto dell’indicazione del nuovo presidente aggiunto. Stavolta niente. E’ silenzio totale, probabilmente in attesa della chiusura della procedura di nomina che necessita di un paio di passaggi formali: prima l’approvazione di Mario Draghi in Consiglio dei ministri e infine il decreto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

 

Tutta questa cautela ha evidentemente a che fare con il nome indicato: Tommaso Miele. Miele è il presidente della sezione regionale del Lazio che nel 2020, dopo l’elezione di Angelo Buscema alla Corte costituzionale, era il favorito per la successione alla presidenza della Corte dei conti. La sua nomina saltò dopo che il Foglio pubblicò i giudizi politici e gli insulti che, poco prima delle elezioni politiche del 2018, erano stati rivolti all’allora segretario del Pd Matteo Renzi dal suo account Twitter. “Stasera ho deciso – twittò Tommaso Miele dopo le primarie del Pd vinte da Renzi – per evitare che torni Micron (che proprio non lo reggo) voterò convintamente M5s”. Poco prima rilanciava un volgare tweet sugli elettori del Pd a cui piacerebbe “godere da dietro”. E poi: “Grande vittoria di Renzi (Micron) oggi, grande vittoria M5s domani alle politiche”. Ancora prima scriveva: “Italiani in futuro ricordatevi chi è Renzi: arrogante, presuntuoso, prepotente, incapace, bugiardo: che non si accosti più a Palazzo Chigi”. E così veniva commentato un intervento dell’ex premier: “E’ tornato sulla scena il cazzaro di Rignano sull’Arno. Ancora parla. Ha la faccia come il …”. Espressioni non esattamente in linea con la moderazione e la terzietà richieste a un giudice.

 

Il magistrato, all’epoca intervistato dal Foglio, provò a giustificarsi dicendo: “L’account è il mio ma quei tweet non sono miei. Non è stato un hacker. L’unica cosa che posso dire è che spesso lasciavo l’iPad in giro in ufficio e altri magari parlavano con la mia bocca: utilizzavano il mio profilo per attaccare Renzi”. La giustificazione dovette apparire poco credibile allo stesso Miele, visto che pochi giorni dopo si ritirò dalla corsa per il vertice della Corte dei conti per “motivi personali”.

 

Ora, alla prima occasione, quello stesso Consiglio di presidenza che avrebbe voluto nominarlo presidente lo “risarcisce”. Non proprio con un ripiego, visto che il presidente aggiunto coadiuva e sostituisce il presidente, oltre a essere membro di diritto del Consiglio di presidenza. C’è però un mistero. A una richiesta di conferma del Foglio, l’ufficio stampa della Corte dei conti, dopo un passaggio di controllo con il Consiglio di presidenza, nega che sia stato scelto il presidente aggiunto: “C’è stata una riunione in cui è stato indicato un nome, ma non c’è stata ancora una delibera ufficiale. E finché non ci sarà un atto formale non siamo autorizzati a divulgare il nome”.

 

Questa versione della Corte dei conti però smentisce il documento che riassume le decisioni dell’adunanza del 21 dicembre inviato dallo stesso Consiglio di presidenza a tutti i magistrati. Peraltro una comunicazione identica è contenuta nel report informale sulla seduta inviato dall’Associazione magistrati ai colleghi: “Il Consiglio di Presidenza delibera di assegnare le funzioni di Presidente aggiunto della Corte dei conti al presidente di sezione Tommaso Miele”.

 

Qual è la verità? Due sono le ipotesi. O la Corte dei conti vuol tenere nascosta la nomina di Miele finché non diventa ufficiale perché la ritiene imbarazzante; oppure, proprio come sosteneva Miele, anche gli account della Corte sono finiti in mano a omini cattivi che inviano comunicazioni ufficiali fasulle. Trattandosi dei vertici della magistratura contabile, nessuna delle due ipotesi è confortante.

 

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali