L'ira di Musumeci dopo il mezzo sgambetto dell'Ars 

Gabriele De Campis

Il presidente della Sicilia tradito dalla sua maggioranza sul voto per i grandi elettori per il Quirinale. Prima considera l’ipotesi di dimissioni, poi ci ripensa

Si votavano i grandi elettori per il Quirinale, a Palazzo dei Normanni. E così l’occasione è diventata ghiotta per mandare messaggi, non certo cifrati, firmati da malpancisti e trasformisti con l’abito dei peones, in vista delle prossime regionali: alla fine dello spoglio le fibrillazioni tradizionali del centrodestra siciliano certificano una frattura nella coalizione sublimata dall’arrivo di Nello Musumeci “solo” al terzo posto tra gli eletti. Il più votato – primo indizio – è stato Gianfranco Micciché, presidente dell’Ars, e ha preso più voti del governatore – secondo indizio – anche il grillino Nunzio Di Paola. L’effetto è stata una scossa che per qualche frangente ha fatto pensare alla fine dell’esperienza di governo a Palazzo d’Orleans. Immediata anche la lettura politica delle doppie preferenze espresse: l’interpretazione più accreditata addebita a una parte del centrodestra, tra cui alcuni leghisti (si sussurra il nome dell’ex renziano Luca Sammartino, ora convertito al verbo salviniano, vero collettore dei pacchetti di preferenze legati al sottogoverno dell’economia sanitaria), un voto difforme rispetto agli accordi. Non per Musumeci dunque, ma per il candidato pentastellato.  
 
La reazione di Musumeci si rivela dura e – dopo una riunione con i suoi assessori – spinge i suoi fedelissimi a parlare di tradimento, qualcuno sussurra che sia stata presa in considerazione l’ipotesi (poi rientrata) di dimissioni. Per il governatore che stava anche per intervenire a caldo in Aula, si è trattato di una sfida nei suoi confronti: “Non posso non prendere atto dell’esito del voto espresso dall'Aula e del suo significato politico. Se qualche deputato  vile e pavido  si fosse illuso, con la complicità del voto segreto, di aver fatto un dispetto alla mia persona, si dovrà ricredere. Perché il voto di questo pomeriggio – per la gravità del contesto generale – costituisce solo una offesa alle Istituzioni regionali, a prescindere da chi le rappresenta”. Sulle divisioni del centrodestra “ballano” i rivali. Il sindaco di Messina Cateno De Luca chiede le dimissioni di Musumeci, mentre il Pd e Claudio Fava parlano di maggioranza in frantumi. “Luce spenta sul governo regionale”, chiosa il sottosegretario 5s Giancarlo Cancelleri.

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