Scenari internazionali

La mossa della guerra nella partita a scacchi di Putin in Ucraina

Giuliano Ferrara

La forte impronta di società, dal basso verso l’alto, che condiziona la vita civile e politica in Ucraina è una potenziale invasione culturale e civile intollerabile nella sfera postsovietica che Putin protegge dalle interferenze di ogni tipo

Putin ha annesso la Crimea; ha diviso l’Ucraina sostenendo indirettamente ma non troppo una guerra del Donbass che dura da sette anni e ha fatto oltre quindicimila morti ulteriormente spezzando l’unità del paese ex sovietico; ha firmato accordi contratti da un’Europa guidata da Merkel, a Minsk, sapendo che la controparte non avrebbe saputo o potuto rispettarli per la parte concernente la federalizzazione dello stato e le autonomie; ora che in Afghanistan è andata come è andata, ora che Merkel è andata, ora che la Nato è cerebralmente morta secondo la diagnosi di Macron, ora che gli affari domestici richiamano alla necessità di una nuova presa di potere patriottica, ora che l’energia è di nuovo strategica, iperstrategica, ai fini della ripresa dopo la fase acuta della pandemia, ora che Lukashenka in Bielorussia isterizza i dirimpettai euro-polacchi e oltre con manovre di tipo nordcoreano, ora Putin ammassa truppe e armamenti e minaccia un intervento diretto per riprendersi in sostanza la tutela dell’Ucraina, il cui presidente eletto, il comico di professione Zelensky, non è considerato degno di dialogo.

 

Forse non se ne farà nulla, sarà un altro passo nei rapporti di forza diplomatici, una mossa scacchistica in più, ma nessuno può escludere una guerra europea in cui la Russia sia all’offensiva con una certa probabilità di vincerla, almeno provvisoriamente. Chi e come si opporrebbe, a parte le sanzioni condizionate dalla fornitura di energia e dai suoi prezzi, a parte il promesso ma limitato sostegno all’esercito nazionale ucraino, a una nuova ondata espansionista, oltre i confini dell’ex impero sovietico, della nazione russa e di Putin che la rappresenta? Gli americani di Biden possono dare l’allarme, da altre fonti europee possono arrivare gesti di deterrenza e scongiuri, non è nemmeno certo che sia nell’interesse del potere russo forzare la situazione oltre il punto di non ritorno, ma è difficile smentire Putin quando dice che, se c’è una linea rossa da non valicare, questa linea la fissa la Federazione russa in quello che considera il suo cortile di casa insidiato dai progetti dei falchi della Nato. Cosa paradossale visto che tutti gli osservatori di politica estera concordano nel dire che alla fine la questione ucraina non è affatto prioritaria nella lista ideale di problemi di fronte ai quali la Russia si trova.

 

In una conversazione interessante tra il capo degli esteri del Financial Times, Gideon Rachman, e l’esperta Kadri Liik, si dice qualcosa che a me sembra particolarmente importante, fra le altre. Una delle chiavi per capire il conflitto è la differenza tra il potere russo e quello ucraino: in Russia tutto deriva dalle decisioni centralizzate di una élite oligarchica e monocratica in ultima istanza, dall’alto verso il basso, invece, e per questo non è stato possibile fare a pezzi l’Ucraina per via federal-diplomatica dopo Minsk, in Ucraina una forte impronta di società, dal basso verso l’alto, cosa inaudita nel mondo ex sovietico, condiziona la vita civile e politica (fino al punto, si aggiunga, che in libere elezioni presidenziali la spunta un comico da varietà televisivo che poi fa le sue prove al vertice dello stato). Putin è un uomo di stato che non ha indulgenza verso il comico, verso il teatro della società civile inteso nel senso occidentale, la bestia nera nel suo modo di governare la Russia è il pluralismo, che va bene solo se sotto controllo pieno di un centro motore residente nel Cremlino e negli apparati di sicurezza. Un ceto medio urbanizzato, anche versatile, ma octroyée, concesso dall’alto e dall’alto sorvegliato, va bene almeno fino a un certo punto, ma l’Ucraina in via di derussificazione sociale e linguistica, con pretese occidentalistiche è un rischio anche superiore alle mire espansionistiche presunte della Nato e alle manovre presunte della Cia nel movimento del Maidan.

 

Quando si muove, nel suo calcolo Putin ha sempre considerazione attenta per i rapporti di forza, non è un avventurista, l’azzardo non gli piace, ma il fatto che l’Ucraina sia tanta parte della storia e della cultura russa e sovietica, innegabile, va visto nei due sensi: sta’ a vedere che stavolta gli ucraini siano destinati a una punizione solenne proprio perché il loro orientamento maggioritario va oltre la misura della custodia dell’autonomia politica nazionale, è una potenziale invasione culturale e civile intollerabile nella sfera postsovietica che Putin ha a cuore e protegge dalle interferenze di ogni tipo.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.