Il sì di Salvini al super green pass mostra quanto la sua unica garanzia di affidabilità sia l'incoerenza

Claudio Cerasa

Uno spassoso punto di forza della leadership del segretario leghista: per sopravvivere, il centrodestra italiano deve sperare che giorno dopo giorno il "capitano" trovi un modo originale per smentire l’agenda del complottismo sovranista

Siamo sicuri che mentre scriviamo queste righe Matteo Salvini sarà diligentemente impegnato a trovare un modo per farci pentire di quello che stiamo per scrivere ma quello che è successo due giorni fa in Consiglio dei ministri con l’approvazione all’unanimità del green pass super mega spaziale è qualcosa che merita di essere valorizzato, notato e persino apprezzato. Quello che è accaduto lo avete visto tutti: zitta zitta, quatta quatta, docile docile, la Lega di Matteo Salvini, dopo aver alzato in passato le barricate per l’introduzione dei mini green pass, ha diligentemente votato senza polemiche a favore di un green pass super mega galattico.

 

Si potrebbe dire che il voto in Cdm è in realtà una sconfessione bella e buona della linea Salvini, che molte volte in questi mesi ha cercato di dimostrare che le regole per contenere il Covid sono un virus non meno pericoloso per la nostra vita del Covid stesso. E si potrebbe aggiungere che in realtà, dal Cdm di mercoledì, Salvini esce un po’ a pezzi, perché ad aver archiviato la sua linea sono stati gli stessi governatori della Lega, in prima linea nelle ultime settimane nel promuovere il super mega green pass (e chissà che non sia la presenza del super mega green pass che vieta ai non vaccinati di partecipare alle cerimonie pubbliche ad aver costretto Salvini ad annullare gli stati generali della Lega, convocati per il 12 dicembre a Roma).

 

La nostra analisi sarebbe però incompleta senza riconoscere che nell’ennesima giravolta di Salvini c’è un elemento che costituisce il tratto più responsabile della sua leadership: la capacità, da parte del leader della Lega, di essere provvidenzialmente e sistematicamente incoerente. Negli ultimi tempi, in effetti, non sono state poche le occasioni in cui il leader leghista, con una certa nonchalance, ha fatto sua una linea politica incoerente con il proprio passato. Pensate a quando Salvini ha votato la fiducia a un presidente del Consiglio, di nome Mario Draghi, che durante il suo primo discorso alla Camera ha detto quello che Salvini ha sempre negato: “Sostenere questo governo significa condividere l’irreversibilità della scelta dell’euro”. Pensate a quando Salvini, il 9 febbraio, ha dato mandato alla Lega di votare, al Parlamento europeo, a favore delle  regole sul Recovery and resilience facility, che la Lega prima di quella data aveva sempre osteggiato. E pensate alla scelta che verrà fatta oggi rispetto al tema del Trattato del Quirinale, con la Lega costretta ad archiviare una parte della sua retorica nazionalista per giustificare il sì a un trattato che altro non fa che dimostrare quanto l’interesse nazionale di un paese come l’Italia sia direttamente legato alla capacità di quel paese di costruire alleanze stabili sovranazionali.

   

Allo stato attuale, l’incoerenza di Salvini – intesa come la sua capacità innata di farsi di gomma e di interpretare in modo originale le tesi della società liquida di Zygmunt Bauman semplicemente andando a liquefare con costanza la propria linea politica – mostra con chiarezza qual è l’unica garanzia di sopravvivenza che ha il centrodestra italiano: la speranza che giorno dopo giorno  Salvini trovi un modo originale per smentire l’agenda del complottismo sovranista. La vera rassicurazione che oggi Salvini può offrire a tutti quegli elettori di destra che ogni giorno cercano una buona ragione per non buttarsi a sinistra in fondo è questa: la certezza che non ci sia idea sbagliata di Salvini che prima o poi non venga asfaltata dallo stesso Salvini. James Russell Lowell, poeta, critico letterario e diplomatico statunitense vissuto nel 1800, sosteneva, qualche anno prima che Giuseppe Prezzolini dicesse che “la coerenza è la virtù degli imbecilli”, che “solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione”. La forza di Matteo Bauman in fondo è proprio questa: offrire agli interlocutori l’impressione che, per non assecondare la prezzoliniana virtù degli imbecilli, non esiste un limite alla propria salvifica incoerenza.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.