La cabina di regia sulla legge di Bilancio si apre con la baruffa su Quota 102

Valerio Valentini

Palazzo Chigi propone una riforma minimale delle pensioni. "E' troppo", lamentano i leghisti. "È troppo poco", si oppongono i renziani, che chiedono di concentrarsi di più sulla riduzione delle tasse. "Almeno 10 miliardi vanno all'abbattimento del cuneo", dice Forza Italia, in sintonia col Pd. Lo stallo sul Reddito di cittadinanza segna la convergenza tra Conte e Salvini

Dei 22 miliardi stanziati in manovra, "almeno 10 vanno destinati all'abbattimento del cuneo fiscale". E' questa la principale richiesta che verrà avanzata al premier dalla delegazione di Forza Italia. Almeno, stando a quanto Renato Brunetta e Antonio Tajani hanno concordato durante una riunione mattutina con lo stato maggiore azzurro. E in questo si registra un asse trasversale col Pd e con Italia viva. "Se in un anno in cui abbiamo 22 miliardi da spendere non ne mettiamo almeno 10 sulla riduzione delle tasse, in quale altra condizione riusciremo davvero a ridurre le tasse, per davvero e non a chiacchiere?", si lamenta il renziano Luigi Marattin. Che ha, come i suoi colleghi di partito, un altro cruccio: scongiurare che sulle pensioni si arrivi davvero a quella ipotesi ventilata nelle scorse ore, e cioè quella Quota 102 che equivarrebbe a un correttivo "troppo timido", dicono i renziani, della "nefasta riforma leghista". 

E però proprio i leghisti la ritengono perfino troppo ardita, come modifica, e infatti chiedono che, almeno per alcune categorie, resti accessibile il percorso che porta al ritiro dal lavoro dopo 62 anni di età e 38 di contributi. Se ci si aggiungono le impuntature del M5s sul Superbonus e il Reddito di cittadinanza, e la fermezza del Pd nel non indebolire la riforma degli ammortizzatori sociali, si ha una sintesi abbastanza emblematica (Michetti direbbe forse: laconica!) del garbuglio che Mario Draghi e Daniele Franco sono chiamati a sbrogliare stamattina, nel corso della cabina di regia che inizierà alle 10.30 a Palazzo Chigi e che accompagnerà la definizione della legge di Bilancio. 

Le prime fibrillazioni, del resto, si sono registrate già ieri. Quando, nei lavori di limatura della Finanziaria, il ministro dell'Economia Daniele Franco, insieme al sottosegretario alla Presidenza Roberto Garofoli e al ragioniere generale dello stato Biagio Mazzotta si sono confrontati con le delegazioni di quasi tutti i partiti della maggioranza, toccando con ciascuna i temi di più stretto interesse dei rispettivi partiti, a partire dai ministeri di loro competenza. Per il M5s hanno partecipato il capodelegazione Stefano Patuanelli con la viceministro Laura Castelli, per Iv il ministro Elena Bonetti con il presidente della commissione Finanze Luigi Marattin, per il Pd il capodelegazione Andrea Orlando con il responsabile economia Antonio Misiani; e poi Lega e Forza Italia, e poi i contatti costanti con Roberto Speranza, il ministro della Salute e leader di Leu ricevuto nei giorni scorsi a Palazzo Chigi.

La novità più rilevante riguarda appunto la riforma delle pensioni. Terminata la disastrosa e costosissima sperimentazione triennale di Quota 100, il governo è costretto a varare un nuovo impianto previdenziale che scongiuri il famigerato "scalone". Per Matteo Salvini, già tribolato dalla disfatta elettorale, il tema è sensibilissimo: quella riforma resta infatti l'ultima eredità della sua azione di governo durante il Conte I. Anche per questo, tra Palazzo Chigi e Via XX Settembre hanno provato a trovare una soluzione di compromesso: un superamento che non sia una abiura. Quota 102, appunto, che innalza fino a 64 anni la quota anagrafica minima per ritirarsi dal lavoro. Due anni in più rispetto all'impianto leghista. "E' comunque troppo", si lamentano nel Carroccio. "E' troppo poco", dicono invece da Italia viva, da cui si chiede di concentrarsi sull'abbassamento delle tasse attraverso una riforma del fisco che sia strutturale, e dunque adeguatamente finanziata. Sull'abbattimento del cuneo, in particolare, si registra una generale convergenza: piace al Pd (Enrico letta ne ha parlato anche col capo di Confindustria Bonomi, giovedì scorso) e anche a FI, che chiede di sostenere la misura con "almeno 10 miliardi". 

Quanto al Reddito di cittadinanza, invece, ci sarà da discutere non poco. Il Pd sarà risoluto nel chiedere una correzione strutturale sul lato delle politiche attive: "Chi dice che il Reddito è intoccabile recita la stessa parte in commedia di chi vuole abrogarlo: due opposti, inutili estremismi", dicono dal Nazareno. Ma su quel terreno si consumeranno molte delle trattative politiche. "Se davvero sulle pensioni si vuole una modifica più coraggiosa, allora si sia drastici nel cambiare anche il Rdc, visto che le due riforme sono figlie della stessa stagione gialloverde", dicono i responsabili economici di FI. E lo dicono, loro, con l'animo di chi effettivamente auspicherebbe un cambiamento radicale su entrambi i fronti. Invece i leghisti usano più o meno lo stesso argomento, ma con una finalità diversa, per così dire interdittiva: "Alzare lo scontro sul Rdc significa difendere il più possibile anche la nostra Quota 100", dicono dal quartier generale di Salvini. Simul stabunt simul cadent, insomma. "Se il M5s si abbarbicherà al totem del Rdc, noi faremo lo stesso sulla pensioni". E ora, che il sipario sulla legge di Bilancio si apra. 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.