Il Def boccia Quota 100. E la Lega mette nel mirino Orlando sulle pensioni

Valerio Valentini

Salvini difende la sua riforma ("Chi vuole governare con noi, sappia che non si tocca"), che però scade a fine anno. Il Pd: "Pensiamo ai giovani". E intanto il ministro del Pd prepara un piano lavoro: lo stato paga la formazione alle imprese che assumono

Il passaggio, di per sé, pare quasi scontato. Ma è proprio l’aver voluto ribadire l’ovvio, in un documento dove le parole pesano parecchio come il Def, a dare un valore alla frase. E’ a pagina 121 del dossier  licenziato due giorni fa dal Cdm. “Negli anni 2019-2022 la spesa pensionistica in rapporto al pil aumenta con un picco in corrispondenza del 2020”,  si legge. “Il rapporto cresce significativamente a causa della forte contrazione dell’attività economica dovuto all’impatto dell’emergenza sanitaria che ha colpito l’Italia a partire da febbraio dello scorso anno. Tuttavia, tale andamento è significativamente condizionato dall’applicazione delle misure in ambito previdenziale contenute nel Decreto legge n. 4/201926  (c.d. Quota 100)”. Eccolo, il passaggio incriminato, solo apparentemente indolore. E destinato, in verità, a travagliare la maggioranza per tutta l’estate.

 

“Per noi della Lega Quota 100 resta una misura sacrosanta”, sentenzia infatti Tiziana Nisini. E certo, per Matteo Salvini quello di Quota 100 è un feticcio che non può essere rinnegato. Solo che alla fine di quest’anno la misura scadrà, e in qualche modo andrà sostituita, anche per scongiurare il rischio di scaloni. E qui sta il nodo, dunque. Che fare?   “L’unica cosa certa è che ci stiamo pericolosamente avvicinando alla scadenza”, riflette, preoccupato, il deputato dem Fabio Melilli, presidente  della commissione Bilancio. E allora ecco che la Nisini, sottosegretaria al Lavoro del Carroccio, s’affretta a mettere le mani avanti. “Ho chiesto al ministro un confronto su questo, perché per noi indietro non si può tornare”.

 

Solo che il ministro in questione, e cioè quell’Andrea Orlando che, prosegue la Nisini, “non ci ha ancora assegnato le deleghe lasciandoci in un limbo”, il dossier sulle pensioni lo tiene accantonato. Per ora. Perché prima, sempre che la pandemia conceda respiro, vuole affrontare la questione delle politiche attive. E il progetto in cantiere prevede, tra l’altro, di abbandonare la logica degli sgravi per passare a un sistema di finanziamento della formazione, per cui lo stato  copre i costi sostenuti dalle imprese per professionalizzare le nuove leve in cambio della garanzia di un’assunzione a tempo indeterminato dopo due anni.

 

 Poi, però, la rogna delle pensioni si presenterà di nuovo. Col suo carico di dissidi politici. I sindacati ovviamente scalpitano, paventano lo stretto del ripristino della Fornero (“Sarebbe una follia”, dice la Nisini). E se è scontato che si vuole evitare un nuovo scalone, è anche evidente che bisognerà trovare soluzioni meno costose di Quota 100. Anche perché le previsioni inserite nel Def indicano una pericolosa tendenza al rialzo della spesa pensionistica, che “dal 2026 è stimata tornare a crescere raggiungendo il picco del 17,4 per cento del pil nel 2036”.  Salvini, nella danza d’avvicinamento a Mario Draghi, l’aveva posto come un vincolo inviolabile: “Chi vuole governare con la Lega, sappia che Quota 100 non si tocca”. Ma sarà difficile convincere il premier sulla bontà di una riforma che la Commissione europea ha più volte bocciato, anche perché  “comprime altri elementi della spesa pubblica a favore della crescita, come l’istruzione e gli investimenti, e riduce i margini per ridurre la pressione fiscale”.

 

Ed è proprio in un’ottica generazionale che Enrico Letta vuole  condurre la sua battaglia su questo fronte. Lo si capisce dalla nettezza con cui  Chiara Gribaudo, responsabile Giovani nella segreteria del Pd, spiega che “tra i propagandati meriti di Quota 100 ce n’è sicuramente uno che s’è rivelato drammaticamente infondato, ed è quello del turnover. Si diceva che per ogni pre-pensionato si sarebbero assunti tre giovani. E invece il tasso di sostituzione è del 40 per cento. Archiviata la riforma voluta dal Conte I, si dovrà disegnare un sistema previdenziale che sia sostenibile in termini non solo finanziari, ma anche generazionali”. 
 

  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.