Angela Merkel e Mario Draghi (LaPresse)

L'ultima sfilata

I saluti finali di Merkel a Draghi: addio signora dai mille colori 

Marta Galli

La Cancelliera tedesca è diventata celebre in questi 16 anni di potere anche per le scelte stilistiche, per le giacche dalle tonalità sempre diverse. Un altro modo di comunicare, un look che viene capito dalle masse. E ora che se ne va, il mondo della politica sarà certamente più grigio

Oggi era bianca. Per i saluti non ufficiali, informali, i più sentiti – il vero passaggio di consegne, si mormora – tra Angela Merkel e Mario Draghi a Roma. La Cancelliera ha optato per il bianco, ma era difficile tirare a indovinare. In questi 16 anni di potere da cui si congeda, ne abbiamo viste di tutte i colori. Non certo nella sua conduzione: sempre pacata, ferma, cristallina. Ma nelle sue giacche, appunto. Già nel 2012, una grafica olandese di nome Noortje van Eeekelen aveva creato “Pantone Merkel”, suggestivo campionario di foto-ritratti del capo di Stato tedesco ordinati in accordo alla sfumatura dei suoi variopinti blazer. 

"Le giacche che indossa non hanno una foggia maschile ma sono girocollo, adattate al guardaroba da donna, con la caratteristica ricorrente del colore tinta unita che la rende immediatamente segnaletica in una stanza di uomini", commenta Angelo Flaccavento, fashion critic e curatore. "L’adesione al colore si contrappone alla sobrietà richiesta al vestimento maschile e serve a rimarcare la sua femminilità".
 

Angela Merkel e le sue famose giacche dai mille colori (LaPresse)

Una soluzione condivisa da altre donne di potere prima di lei. Margareth Thatcher diluiva l’austerità della sua posizione a colpi di perle, fiocchi e colore. Ma la "Lady di Ferro" – che affermava "l’apparenza è la prima impressione che la gente ha di te; è estremamente importante quando rappresenti il ​​tuo paese all’estero" – faceva anche un uso strategico e simbolico delle tonalità, evitando per esempio il rosso in patria, perché indicava l’opposizione. Quelle di Merkel appaiono come scelte cromatiche non chiaramente intelligibili, ma apparentemente indifferenti al simbolismo del colore che veniva invece sistematicamente sfruttato da Hillary Clinton: eclatante il tailleur rosa dell’ex first lady durante la conferenza dell’Onu sulle donne, a Pechino nel 1995, o quelli blu, rosso e bianco (i colori della bandiera americana) sfoggiati tipo armamentario nella corsa alle presidenziali del 2016. 

 

 

Merkel vestendosi non vuole creare sensazione o subbuglio e nemmeno dare adito a fastidiose note di costume; così attraverso la caleidoscopica reiterazione ha definito la sua uniforme. "È crucca nel senso comune del termine, nella maniera in cui non attribuisce eccessiva importanza all’apparenza mentre guarda con sospetto alle eccessive sofisticatezze della moda", prosegue Flaccavento. "In definitiva il suo è un look che viene capito dalle masse, è ben possibile che una signora tedesca di una certa età si svegli la mattina con la voglia d’indossare una giacca rosa; e il colore è rassicurante avendo l’effetto di ammorbidire l’immagine del potere – soft power ma non soft tailoring: poiché è tutto molto rigido". Dunque nel regime sartoriale della leader uscente piuttosto che figurare da offensiva simbolica il colore significa accessibilità, per la “casalinga di Voghera” in Baviera. Sempre mantenendosi sul filo dell’inattualità – e del resto, la refrattarietà alle tendenze resta il tratto indispensabile per la costruzione di uno stile personale –, secondo quanto riportato dal Financial Times, Merkel evita le grandi firme, preferendo spesso il piccolo marchio amburghese Bettina Schoenbach che ha contribuito a forgiarne l’immagine dai giorni in cui era in corsa per la Cancelleria. 

 

L’abito di chi governa è la rappresentazione visiva di una nazione e se capita a noi comuni mortali di pensare che sia un’impresa vestirsi ogni mattina, si pensi all’impresa di chi, sotto ai riflettori, è continuamente sottoposto a scrutinio. Si pensi, che so, alla Regina Elisabetta – altra signora arcobaleno. Sebbene la sovrana abbia diverse ragioni per esibire un guardaroba vivace, tra cui – s’è detto – d’essere sempre agilmente individuabile dalle sue guardie del corpo, secondo quanto scrive Elizabeth Holmes in HRH: So Many Thoughts on Royal Style è una scelta consapevole dettata dal desiderio di proiettare calma in un periodo turbolento. A Elisabetta II, tra l’altro, si attribuisce una frase: "I have to be seen to be believed" (devo essere vista per essere creduta). Anche Merkel, con quelle giacche, ça va sans dire, non è passata inosservata. E ora che se ne va, il mondo della politica sarà certamente più grigio.

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