Le sfide di governo

Il garante Draghi. Rassicura i mercati sulle riforme. "Al governo si rimane solo se efficaci"

"Con la riforma del catasto nessuno pagherà di più"

Carmelo Caruso

Il premier illustra gli ottimi numeri della Nadef e garantisce sulle prossime sfide del governo: delega fiscale, riforma del catasto, il G20 che si terrà il 12 ottobre. Il suo futuro? "È resto. E il resto non conta"

Roma. Un governo con questi numeri avrebbe potuto “dare i numeri”. Avrebbe potuto distribuire slide,  chiedere l’applauso,  dire “avete visto come siamo bravi”? Non si è fatto forse così in passato? Ieri mattina, in Cdm, il governo ha approvato la Nadef, la nota di aggiornamento al Def, 136 pagine di cifre che equivalgono al “va meglio di quanto pensavamo”. E allora perché Mario Draghi, in conferenza stampa, raccontava il “bel rimbalzo” con tanta dignitosa prudenza? E perché Daniele Franco, il ministro dell’Economia, che elencava “i numeri più” (la crescita che passa dal 4,7 al 6 per cento) si dilungava e cercava di spiegare con tutta la sua precisione da scienziato le ragioni della bella notizia? Innanzitutto perché era una giornata di cordoglio. Draghi, e ci teneva, ha citato, nome per nome, i morti sul lavoro di ieri e detto “che è una strage che continua”. Servono provvedimenti immediati, monitoraggio. No, non era circostanza. Era come se comprendesse che la statistica, l’algebra sono a volte discipline fredde se non vengono accompagnate dagli aggettivi, dai movimenti del viso. I mercati si devono fidare? Garantiva lui come fanno i padri sulla laboriosità dei figli: “C’è fiducia nell’Italia e tra gli italiani”. E perché? “Perché c’è un ingrediente che ha favorito la crescita. E’ la vaccinazione”. Ci dobbiamo preoccupare della riforma del catasto? E Draghi, come i medici che devono fare accettare ai pazienti di sdraiarsi sul lettino, raccontava che “nessuno pagherà di più e nessuno pagherà di meno”. Ha dato delle notizie rilevanti. Il G20  sull’Afghanistan si terrà il 12 ottobre.


La prossima settimana è invece convocata la prima riunione della cabina di regia che riguarda il Pnrr. Erano notizie che Draghi offriva senza compiacimento. Se solo avesse potuto avrebbe detto, e ci ha provato, che il suo futuro è davvero il poco importante rispetto all’importantissimo che si riduce sempre a quello: rispettare i patti, fare le riforme, dimostrare che non è vero che siamo i latini svogliati che ci raccontano: “Eh, voi italiani…”.

 

Partivano infatti le domande che sono sempre quelle della notte, quando si ha paura di non riuscire e si cerca riparo nel sonno. Presidente, ma è davvero sicuro che il governo riuscirà a rispettare tutte le scadenze? Presidente, è certo che i partiti glielo lasceranno fare? Il suo governo è forse a fine corsa? E’ come se qualcuno avesse osato mettere in dubbio tutto il suo catechismo: la puntualità, la parola data, la sua firma che per anni è stata perfino la firma dell’euro, la carta moneta. Più si insinuava l’idea che si possono mancare gli obiettivi e più Draghi li fissava nel calendario. La delega fiscale arriverà “in Cdm la prossima settimana”. Il Dl concorrenza “entro ottobre”. Si dice che dalla sera del 4 ottobre, la notte in cui i partiti in qualche misura si misureranno, lo attenda un labirinto. Ai giornalisti dunque ricordava: “Questo governo non ha mai mancato una data”.

 

Quando gli veniva chiesto, ancora, dove andrà ad abitare, da qui a pochi mesi, rispondeva che “non sono io la persona giusta a cui fare la domanda”. Riprendeva dalla sua enciclopedia di discorsi la frase che aveva pronunciato quando si presentò agli italiani. Era un ragionamento sulla durata. Voleva dire che le cose, i governi, cominciano a finire quando si pensa solo a come conservarle. Si chiama paura. Chi può dire cosa accadrà a questa stessa ora, fra sette giorni? Ci sarà un partito un meno? Forse la Lega uscirà? Draghi assicurava che tutto questo è “resto” e che “il resto non conta”. Conta invece l’efficacia”. Intendeva “l’efficacia di governo”. Altri avrebbero detto “fino a quando avremo la maggioranza”. Draghi ha preferito “l’efficacia”, un concetto che non è pienamente afferrabile, come non lo sono il carisma e la fiducia. Senza accorgersene ha introdotto una separazione ancora più profonda della destra e della sinistra, una separazione che tormenterà in avvenire i partiti. E’ la separazione tra efficaci e inefficaci.

 

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio