Viva la destra anti Papeete

Claudio Cerasa

Due anni dopo l’estate in cui Salvini chiese pieni poteri in mutande, il centrodestra si trova di fronte a un problema: si può archiviare il salvinismo senza archiviare Salvini? Dove porta l’agenda Draghi

Sono passati due anni dall’estate manigolda in cui Matteo Salvini, in mutande, invocò i pieni poteri arringando il paese da una famosa discoteca romagnola, il Papeete, che avrebbe tutto il diritto di chiedere all’ex Truce un risarcimento per i danni di immagine. Due anni dopo quell’estate che è costata a Salvini una lunga traversata nel deserto, si può dire che la destra italiana oggi si trovi di fronte a una consapevolezza difficile da negare. La strada giusta da percorre per provare un giorno a guidare l’Italia è una strada che giorno dopo giorno risulta sempre più evidente (più Draghi, meno Bagnai) ma è una strada che la destra ha capito di poter percorrere solo a condizione di archiviare ogni giorno un pezzettino dell’agenda Salvini. E ogni volta che l’agenda Salvini, nella sua purezza, nella sua doppiezza, nella sua ambiguità, nella sua impresentabilità, torna a fare capolino sulla scena politica appare chiaro non solo quanta distanza ci sia tra la destra che serve all’Italia e la destra che rappresenta Salvini ma anche quanta incapacità vi sia da parte del leader della Lega di capire il modo in cui l’Italia si è trasformata in questo anno e mezzo di pandemia.

 

L’Italia che Salvini, insieme con Giorgia Meloni, ha scelto di rappresentare nell’ultimo miglio della pandemia, l’Italia cioè che dice no al green pass, che dice nì ai vaccini, che delira sulla dittatura sanitaria e che cerca di rappresentare l’Unione europea come una versione aggiornata dell’Unione sovietica, è un’Italia che forse è ben rappresentata su alcuni social ma è un’Italia minoritaria, buona più per un Pappalardo che per un leader che  ha scelto di intestarsi l’agenda Draghi. Forse Salvini non se ne è accorto, ma l’Italia che emerge dalla pandemia è un’Italia che si fida dell’Europa (per 200 miliardi di buone ragioni), che si fida della scienza (30 milioni di italiani hanno completato il ciclo di vaccinazione) è un’Italia che capisce quello che ha capito bene Silvio Berlusconi: non si può essere contro i lockdown e contro il green pass. In questi due anni di traversata, Salvini ha compreso quanto il suo essere impresentabile sia diventato un peso eccessivo per la Lega e negli ultimi tempi ha fatto di tutto e di più per cercare di nascondere il suo vero volto sotto una coltre di cipria. Lo ha fatto trincerandosi dietro il profilo di Mario Draghi (scelta che ha permesso al salvinismo di trovare una sua nuova verginità, ma che ha anche permesso a Draghi di mettere a nudo le impresentabilità del salvinismo: euro, migranti, Europa, vaccini). Lo ha fatto facendo di tutto per non avere candidati a lui riconducibili alle amministrative (è finita l’èra delle Ceccardi e delle Borgonzoni: zeru tituli). Lo ha fatto arrivando a un punto di smarrimento tale da essere costretto a cercare incessantemente un qualche avversario per dare legittimità alle proprie idee (lo vedete: sulle riaperture anche Bonaccini è con noi; lo vedete: sul green pass anche Cacciari è con noi).

 

La stagione della post emergenza pandemica ha ora incoraggiato Salvini a muovere qualche passo verso un graduale ritorno al passato ma quello che forse Salvini non ha ben chiaro anche del suo elettorato è che la parte estremista alla quale il leader della Lega ha scelto di occhieggiare in questi giorni a colpi di no green pass e nì vax è una parte piccola, infinitesimale, incompatibile non solo con la realtà ma anche con lo zoccolo duro degli elettori che hanno imparato ad apprezzare sul territorio le doti di buon governo di alcuni presidenti di regione della Lega. Salvini proverà a usare l’estate per tornare a essere se stesso, ma il bagno di realtà imposto dalla sua vicinanza a Draghi rischia di metterlo in una trappola senza uscita: per superare la stagione dell’impresentabilità, Salvini si è intestato l’agenda Draghi, ma trasformare l’agenda Draghi nell’agenda del futuro sta aiutando gli elettori della Lega a capire che il centrodestra può avere futuro solo a condizione che a Salvini (e Meloni) sia impedito di fare quello che sognano di fare: tornare a essere quelli di un tempo. E per farlo, come dice  Giorgetti, c’è solo una strada: fare di tutto affinché Draghi possa restare a Palazzo Chigi  nella prossima legislatura. Più Draghi e meno Salvini. Il futuro della destra anti Papeete in fondo è tutto qui. 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.