L'intervista

Pisapia: "Adesso sì che è giustizia! I referendum accelerano la riforma"

"Dalla presunzione di colpevolezza si torna alla presunzione di innocenza. Evviva”

Carmelo Caruso

"La riforma Cartabia è una riforma complessiva. Il M5s dica che ha sbagliato tutto. Anche il Pd rifletta. Su Alfonso Bonafede meglio stendere un pietoso velo". Parla Giuliano Pisapia, giurista, ex sindaco di Milano, europarlamentare

Roma. Ecco cosa pensa Giuliano Pisapia ed ecco perché non si fa abuso di retorica, o come scrive qualche scemo, di “lecca lecca”, quando si ripete che la riforma della giustizia è un altro bellissimo regalo di (questo) governo: “E’ la dimostrazione che le riforme si possono fare. E’ la prova che anche in Italia si può avere una giustizia celere e che anche i pessimisti, adesso,  possono cambiare opinione”. Non lo era pure lei? “Quando si è insediato Mario Draghi avevo detto: la giustizia si cambia adesso o mai più. La previsione era giusta. Dalla presunzione di colpevolezza si torna alla presunzione di innocenza. Evviva”.

 

Dicono che la riforma Cartabia, la riforma del penale, sia solo un emendamento a quella di Bonafede e che non si possa dunque parlare di riforma. Ma questo lo dicono gli orfani di Bonafede e quelli che sempre pensano “si poteva fare meglio”. E invece? “E invece è una riforma complessiva, una riforma che finalmente ci rende credibili agli occhi dell’Europa e che permetterà di attrarre anche nuovi investimenti”. Di nuovo cosa c’è senza fare però i giureconsulti? “Partiamo dai tempi ragionevoli del processo. Si rafforza l’autonomia del giudice che viene spesso confuso con il pm. Si allarga il concetto di pena che non prevede sempre e solo il carcere”. Al M5s chi lo dice? Hanno provato in Cdm a difendere la loro mala-eredità. Si racconta che li avrebbe stimolati Giuseppe Conte, il Perelà del M5s, il leader di fumo e di statuto. Questa riforma non fa più bene a loro che possono finalmente lavarsi dei “loro peccati”? “Fa bene direttamente o indirettamente a oltre 10 milioni di italiani che sono coinvolti in casi giudiziari. Fa bene al M5s ma solo se riuscirà a liberarsi, e davvero, dalle tare del passato. Farà bene se il M5s sarà capace di riconoscere che sulla giustizia ha sbagliato tutto. I parlamentari del M5s sono sempre andati avanti per slogan. Pensavano alla pancia ma adesso anche la pancia è cambiata”.

 

La credibilità della magistratura è ai minimi storici ma quanto ha pesato sapere che la giustizia andava riformata per non perdere le risorse del Recovery? “Ha pesato e a pensarci è anche triste il collegamento. Sono però quelle risorse a rendere possibile una  nuova giustizia. Nessun ministro della Giustizia ha mai avuto a disposizione così tanto denaro per favorire la digitalizzazione, assumere cancellieri, creare l’ufficio del processo”. Parliamo di colpe. A sinistra niente da rimproverare? “La sinistra ha sicuramente delle colpe. A volte ha bloccato questo percorso pensando che si mettesse in discussione l’autonomia della magistratura. Non era così”. La politica non deve avere l’autonomia di riformare la giustizia? “Certo che deve averla. Basta rifarsi alla Costituzione. Pure il Pd dovrebbe riflettere sul suo passato. E non lo dico per fare polemiche. Adesso questa riforma deve solo ottenere un consenso ampio in Parlamento”. Facciamo i puntigliosi. C’è qualcosa da migliorare? “C’è e si può fare senza necessità di legiferare. Serve maggiore attenzione sul tema della gogna mediatica. Basta solo applicare le norme e prevedere sanzioni per chi non rispetta l’obbligo di segretezza”. A questo punto servono ancora i referendum dei radicali? “I referendum possono solo accelerare i tempi della riforma”. Li firmerebbe? “Sono favorevole a quasi tutti, ma aspetterei il Parlamento”.

 

E’ il primo giorno del d.b (del dopo Bonafede). Come lo salutiamo? “Sul suo operato stenderei un pietoso velo. Il suo silenzio su quanto accaduto a Santa Maria Capua Vetere era assordante prima. Oggi è insopportabile”.
 

Di più su questi argomenti:
  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio