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editoriali

L'occasione della riforma fiscale

Redazione

Se mettono da parte gli egoismi, i partiti possono ottenere un risultato storico

Non è la commissione di esperti che Mario Draghi aveva evocato nel suo primo discorso parlamentare, citando il caso della riforma fiscale del 2008 della Danimarca, ma la commissione Finanze ha preparato una prima bozza della proposta di riforma fiscale, che dovrà essere approvata in commissione entro la fine di giugno (la prossima settimana). Il documento di 21 pagine, frutto anche di un lungo lavoro di ascolto (da gennaio a maggio sono state svolte 61 audizioni), parte dal presupposto che in Italia la tassazione su entrambi i fattori produttivi – lavoro e capitale – è nettamente superiore alla media dell’Eurozona. E pertanto le tasse vanno ridotte. Con particolare riferimento all’Irpef sono previsti due interventi: il primo è l’abbassamento dell’aliquota media effettiva soprattutto per la  fascia di reddito tra 28 mila e 55 mila euro, in cui ricadono circa 7 milioni di contribuenti; il secondo è invece un ridisegno della  dinamica delle aliquote marginali effettive, che si impennano e si inabissano senza alcuna logica, a causa della sedimentazione nel corso degli anni di bonus e agevolazioni.

Gran parte della riforma riguarderà quindi il riordino delle spese fiscali, riducendole di numero, per rendere il sistema  più semplice e razionale. La riforma avrà sicuramente un percorso difficile perché ci sono grandi differenze tra i partiti e ognuno ha la sua bandierina, dalla flat tax della Lega alla tassa di successione del Pd. Bandierine che dovranno essere ammainate se, dopo 50 anni, si vuole dare al paese una nuova riforma organica. C’è un governo di unità nazionale, ci sono le risorse per fare la riforma  in deficit e quindi riducendo la pressione fiscale, infine c’è la necessità per il paese di uscire dalla crisi con un sistema fiscale più equo e ordinato che non ostacoli la crescita economica. E’ un’occasione  storica, troppo importante per essere sprecata.

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