(foto LaPresse)

Caro Draghi, occhio al disastro AstraZeneca e alla generazione Boh Vax

Claudio Cerasa

Generazioni piene di fiducia chiedono più scienza e meno emotività

Un avvertimento: non fateli incazzare. Un suggerimento: non metteteveli contro. Un avviso: non fateli dubitare. Un’indicazione: non trasformateli in Boh vax. Nell’incredibile cortocircuito andato in scena negli ultimi giorni intorno al caso AstraZeneca – e in particolar modo intorno al caso della seconda dose da dare o non dare a tutti coloro che hanno ricevuto una prima inoculazione del vaccino di Oxford (e guai oggi a dire del vaccino mezzo italiano) – c’è certamente un elemento di follia che riguarda i messaggi  stravaganti offerti ai cittadini da parte delle istituzioni. E non sfuggirà di certo neppure al presidente del Consiglio, Mario Draghi, la situazione diciamo surreale che si è andata a innescare nelle ultime ore, con un vaccino (AstraZeneca) autorizzato per tutti i maggiorenni sia dall’Aifa sia dall’Ema che oggi viene invece proibito senza spiegare perché sia dal Cts sia dal governo, pochi giorni dopo l’ok da parte del Cts a utilizzare quel vaccino anche per gli under 60 nel corso dei famosi open day organizzati dalle regioni con il nulla osta dello stesso governo. Governo (Draghi compreso) che oggi però accusa di fatto le regioni di aver agito senza aver ascoltato le indicazioni di un Cts che contemporaneamente consigliava di utilizzare quel vaccino sopra i sessant’anni (“preferibilmente”) senza vietarlo sotto i sessant’anni (lettera inviata il 12 maggio alle regioni dalla struttura commissariale che dipende da Palazzo Chigi in merito agli open day organizzati dalle regioni con AstraZeneca:  “Il Cts non rileva motivi ostativi a che vengano organizzati dalle differenti realtà regionali iniziative quali i vaccination day mirati a offrire i vaccini a vettore adenovirale a tutti i soggetti di età superiore ai 18 anni”). 

Nell’incredibile cortocircuito andato in scena negli ultimi giorni intorno al caso AstraZeneca c’è però un elemento ulteriore che il governo dovrebbe considerare per capire la ragione per cui l’impazzimento comunicativo messo in scena dalle istituzioni può produrre conseguenze gravi. Le conseguenze gravi non sono solo quelle che riguardano il futuro della campagna vaccinale ma sono anche quelle che riguardano il futuro del rapporto delle istituzioni con una generazione speciale – trentenni, quarantenni, cinquantenni – che rischia pericolosamente di essere trasformata non in no vax ma, peggio, in Boh Vax. Una generazione formata da persone che in questi diciassette mesi ha accettato con compostezza di veder stravolta la propria vita per proteggere gli italiani un po’ meno giovani, un po’ più fragili, un po’ più esposti. Una generazione che in questi mesi ha tentato in tutti i modi di convincere i propri genitori, i propri nonni, i propri zii e i propri amici più grandi a non esitare, a fidarsi della scienza, ad avere fiducia nello stato, a non ascoltare le notizie apocalittiche e a correre a farsi vaccinare alla prima occasione utile. Una generazione che in questi mesi ha accettato senza scomporsi più di tanto di essere descritta come un insieme di untori responsabili individualmente di ogni contagio italiano. Una generazione che in questi mesi ha accettato tutto sommato con leggerezza di farsi trapanare due volte a settimana le proprie narici per difendere più gli altri che se stessi.

Una generazione che nelle ultime settimane, quando le regioni hanno scelto di offrire loro i vaccini che i più grandi non hanno voluto, non ha avuto dubbi, ha scaricato ogni tipo di applicazione, ha imparato a memoria ogni hub della propria regione, si è messa in fila per ore al centro vaccinale e ha fatto di quel momento emozionante, di quel momento di ritrovata libertà, un’occasione per essere orgogliosa dei propri amministratori, dei propri scienziati, del proprio stato, della propria regione, persino della propria asl. Una generazione che oggi alle autorità sanitarie non chiede dunque semplicemente chiarezza ma chiede di basare le proprie scelte un po’ meno sull’emotività e sulle pressioni dell’opinione pubblica e un po’ più sui dati scientifici e sulle evidenze statistiche. Con i no vax si può fare poco, forse, ma minare il rapporto di fiducia con persone piene di fiducia è qualcosa che non ci si può permettere. Occhio ai Boh Vax, caro governo

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.