Matteo Salvini (foto Ansa)

Salvini fa il politico adulto (per ora)

Giuliano Ferrara

L’Infiltrato ora si comporta secondo le regole chiave della politica

Alle scuse di Di Maio per la gogna di un tempo corrisponde perfettamente la trasfigurazione di Salvini, e parliamo dei dioscuri del populismo all’italiana. Cacciato in condizioni di minorità politica dai suoi impetuosi e ridicoli errori, sostanzialmente emarginato come il comiziante velleitario che evocava i “pieni poteri”, ora il capo della Lega, dopo un esordio da Infiltrato nel governo di unità nazionale, dopo un’acrobatica conversione europeista, si comporta secondo le regole chiave della politica: affetta ragionamenti, non tutti e solo demagogici, promuove o non scoraggia il dialogo con gli avversari, che ricambiano, coltiva con minore rozzezza il giardino incantato delle destre estreme europee in competizione con Meloni, stabilizza al governo la leadership del suo braccio realistico e competente nella figura del ministro Giorgetti, che a sua volta si porge come un pilastro dell’anomala maggioranza che sostiene Draghi.

La questione della sincerità in queste faccende semplicemente non esiste. Il bello della politica è che è poco dignitosa, nel senso che non richiede protocolli etici belli compiuti, non sopporta oltre misura un metro di giudizio che sia estraneo al suo funzionamento. Una svolta può ben nascere dai fatti piuttosto che dalle intenzioni. Si può tranquillamente pensare che Salvini si sia stufato di comiziare soltanto, che trovi più produttivo per il suo percorso, e per quello della sua larga coorte di amministratori e soggetti sociali già nordisti, un mini partito del pil, agire con strumenti consolidati, certi, di pragmatismo governativo. Gli conviene? Credo di sì. Se la sua ambizione è di guidare un centrodestra capace a sua volta di guidare il paese, e di farlo in prima persona, lasciare la strada arruffata e pasticciona, venata di pericolose ideologie confinanti con il razzismo e il paternalismo devozionale, è una premessa. Salvini deve aver capito che nel nostro sistema istituzionale e nella nostra tradizione politica, per il bene e per il male, le avventure personali possono attecchire e in momenti di emergenza sociale possono penetrare nella macchina e scombussolarla, ma mai fino in fondo.

 

Il problema vero è nella domanda su che cosa convenga all’Italia. Su un uomo nero minaccioso e inaffidabile, con uno scarto fatto di anomalie,  si è costruita in parte la ricostruzione della governabilità di questo paese in Europa; con un altro scarto, portando nel governo di unità tutti coloro che ci volevano stare, si è passati alla seconda fase con un’ennesima scommessa. In mezzo c’è stata la pandemia, che obbiettivamente ha riclassificato i ruoli di ciascun attore e il soggetto della recita. Un uomo nero che indossa la grisaglia e si porta verso l’area centrale dello scacchiere, dove contano le cose da fare e non i comizi paesani, è una buona notizia in sé e per sé.

La dignità è un’estranea, ma la credibilità in politica non lo è. Alla normalizzazione tendenziale del suo modo di essere corrisponde un prezzo che Salvini paga, nel fare e eventualmente nel disdire la svolta, e un vantaggio per tutti gli altri. E alla fine che ci sia un alleato di governo e un competitore anche elettorale il quale non cavalca più la gogna giudiziaria, un fisco assurdo, una politica di risonanza xenofoba contro gli immigrati, una giustizia sommaria, una battaglia frenetica e sbalestrata contro la moneta unica e i percorsi dell’Europa sovranazionale, bè, sarebbe un buon risultato anche per le cose importanti da fare con i soldi nostri e degli altri europei. L’Italia, anche quella malata di consociativismo, aveva una classe dirigente fondata sul reciproco riconoscimento di valore, su una certa omogeneità di linguaggio, su una sbilenca e ipocrita ma solida ideologia costituzionale, che univa oltre le differenze. In quelle circostanze, logorate dal tempo storico, si fece il meglio, oltre al resto di niente che sappiamo. Se fosse confermata la recente notizia, sempre nei fatti revocabile, della nuova attitudine di Salvini alla politica da adulti, qualche inguaribile ottimista potrebbe dire che il meglio è ancora da venire.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.