Enrico Letta e Giuseppe Conte (Ansa)

Progetti umilianti

La caduta nel grottesco dell'alleanza tra il Pd e i grillini. A Roma e non solo

Giuliano Ferrara

Nella capitale si ricicla all’ultimo momento una persona capace e perbene: non si possono coltivare migliori ambizioni?

Marino era inidoneo al ruolo di sindaco di Roma (qui si avvertì per tempo del pasticcio). Fu deposto in modo grottesco, mentre senza riserve la nomenclatura romana “de sinistra” sposava la scemenza di mafia capitale (qui si avvertì per tempo del pasticcio). Risultato fu la Raggi, un’altra totalmente inadatta al ruolo. La Raggi non è stata combattuta, come avrebbe dovuto essere, da un antisindaco o da un’antisindaca capace di farsi valere, di proteggere amministrati e sanpietrini, e di preparare un’alternativa (qui si avvertì per tempo del pasticcio). Con un ritardo di quattro anni e mezzo, è venuto fuori Calenda, che ha tutte le carte per il ruolo ma probabilmente da tecnocrate liberale che ha severamente litigato con il partito a cui chiede i voti ha solo i consensi di testimonianza, spero molti perché c’è anche il mio, al primo turno (qui si avvertì per tempo del pasticcio). Dopodiché una persona seria, competente se non proprio brillante, farà il sindaco, specie se la destra non sarà capace di riperticare una personalità credibile: si chiama Gualtieri, ha diretto l’Economia, ha un formazione politica e di partito incorniciata in un’esperienza di politica europea. Tutto bene quel che finisce bene, se finisce e se finisce così.

 

 

No. Si è consumata un’altra pazzia. Con questo metodo di scegliere all’ultimo momento la pedina meglio piazzata sullo scacchiere nazionale, il risultato è stato una gaffe di Letta Jr., che spingeva per Zingaretti ma non ha avuto l’appoggio di Conte, la registrazione di una nuova titubanza zingarettiana (se sei il candidato meglio piazzato per il Campidoglio corri, punto e basta), la caduta nel grottesco della progettata alleanza senza alternative tra il Pd e i grillini o quel che ne resta. Se continua così, e non si vede come possa non continuare così, la destra ha spalancata la porta del prossimo governo, speriamo con Meloni invece che con Salvini, speriamo con Berlusconi in agguato dietro le tende, speriamo con l’ottimo Draghi al Quirinale, ma è una speranza flebile, timida, una non speranza.

 

 

Con una grande città capitale, per di più eterna, non si dovrebbe giocare a Monopoli. Da Madrid parte un nuovo ciclo della politica spagnola. A Parigi si sperimenta una candidatura presidenziale con qualche possibilità. A Londra si erge un muricciolo di resistenza al primato di Johnson e dei Tory. A Roma si ricicla all’ultimo momento una persona capace e perbene: non si possono coltivare migliori ambizioni? Il problema è nel manico, nella scelta di posticipare la scelta, nell’idea di trattare la città non per il suo immenso valore politico e simbolico ma per la sua caratteristica di casella utile. Con tutti i rischi del caso. I municipi e le regioni dovrebbero essere del tutto svincolati da accordi di cartello che non si reggono in piedi, per di più. E l’ultimo partito costituzionale vivente, il Pd, dovrebbe ovviamene ripartire da sé stesso, almeno in un caso clamorosamente esposto all’equivoco come quello della battaglia per Roma in compagnia del raggruppamento intasato di litigi e personalismi che ha sostenuto la lista e la sindacatura della peggiore mai vista sotto la statua di Giulio Cesare, poveretto. Invece pasticci, altri pasticci, rinunce, correnti, calcoli sbagliati, rischi non calcolati e chi più ne ha più ne metta. Risultato: sfiducia, prevalenza dello spirito minoritario, per non dire del rischio, che vorremmo escludere, di ricascare in una sindrome Raggi. Questo sarebbe il colmo.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.