Mario Draghi (foto Ansa)

editoriali

Rivoluzione Draghi

Redazione

L’approvazione del Pnrr è vicina: una svolta epocale che ha del miracoloso

Tra poco più di una settimana, uditi i partiti, compresi quelli all’opposizione, i sindacati, le organizzazioni degli imprenditori, le regioni e il Parlamento, l’Italia presenterà il suo Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Mario Draghi è riuscito a rendere abbastanza agevole il percorso di un’operazione che, per le sue dimensioni, quasi 210 miliardi, e per le sue ambizioni di rinnovamento non ha paragoni nella storia. Grazie a uno stile sobrio e a una competenza indiscussa, Draghi ha evitato il solito assalto alla diligenza. Anticipando il piano delle grandi opere, ha disinnescato possibili conflitti localistici, attribuendo a ministri competenti la gestione finanziaria, i piani di innovazione tecnologica e di sostenibilità ambientale dello sviluppo, sottraendo queste materie alle esasperazioni retoriche. Affiderà al termine del percorso a tecnici scelti senza manuale Cencelli le funzioni di controllo e promozione dei vari progetti, evitando che questa operazione appaia come un esautoramento delle autorità politiche.

 

E’ persino inutile confrontare un simile percorso lineare ma deciso e autorevole, con quello che aveva portato il governo precedente a incagliarsi. Naturalmente la presentazione del Pnrr è solo il primo passo, poi ci sarà una interlocuzione complessa con le autorità europee e anche con gli altri governi, ma questo è il terreno su cui Draghi per ovvie ragioni si muove meglio. Quella che si avvia è una rivoluzione, perché comporta interventi riformatori in tutti i gangli vitali dello stato, dalla giustizia alla Pubblica amministrazione alla scuola e alla ricerca, coessenziali al funzionamento del piano. Avviarla senza esibizioni muscolari, con un metodo inclusivo ma senza accettare ricatti o pressioni corporative è già un risultato notevole. Se alla fine funzionerà tutto vorrà dire che i miracoli sono possibili.

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