Roberto Speranza (foto Ansa)

recensire il ministro

Speranza e il suo libro, tra Moccia e un verbale dei carabinieri

Salvatore Merlo

Comunismo pandemico e sintassi letale, ecco cosa c’è nelle pagine segrete del ministro

E' a pagina 123 che ci fa davvero sobbalzare dalla sedia. Quando se la prende con la globalizzazione “senza regole”. Quando si scaglia contro il mercato che dimostra “ancora una volta di non essere in grado di autoregolamentarsi”. Ma come? Ma stai scherzando?  E’ infatti solo grazie alla globalizzazione e al mercato se oggi possiamo leggere questo capolavoro scomparso, questo libro misterioso e ritirato dal suo autore, Roberto Speranza, il ministro della Salute. Dunque evviva la globalizzazione. Evviva questo mitologico libro sulla pandemia arrivato fresco (15 euro) da Amazon Francia dov’è entrato pure in classifica. Iperacquistato da un mondo di feticisti italiani – c’è gente che ha pagato 400 euro in Spagna per averlo subito, tipo Gronchi rosa. Eccolo finalmente questo Feltrinelli scomparso e ritrovato (titolo: “Perché guariremo. Dai giorni più duri a un’idea nuova di salute”) che evidentemente fa la felicità di Dario Franceschini e della sua biblioteca dell’inedito.

Si saranno già accordati i due colleghi ministri per trovare al volume degna collocazione? Chissà. Com’è noto  Speranza questo libro lo ha scritto, pubblicato e ritirato dunque è un candidato ideale per arricchire la geniale idea del ministro della Cultura. Perché va letto? Bella domanda. A pensarci bene, dopo averlo sfogliato, la risposta è un’altra domanda che suggerisce tuttavia un’analogia non peregrina: per quale motivo c’è gente che si incolonna a osservare un incidente stradale? Ecco. Per lo stesso motivo uno comincia a leggere il libro di Speranza e non si ferma più. A cominciare dal per niente retorico incipit in cui il ministro della Pandemia ci ricorda come il Covid-19 non si possa considerare “storia passata”. Cosa senz’altro vera, visto che a distanza di più di un anno da quando lui scriveva queste parole pensando fosse finita (“il virus ha i mesi contati”) in realtà ci siamo ancora dentro fino al collo.

 

Sospeso in un accattivante stile letterario a metà tra Fabio Volo, Federico Moccia e il verbale dei carabinieri, la paternità di questo saggio è con buona dose di certezza attribuile al suo autore dichiarato. E’ d’altra parte improbabile che un qualsiasi ghost writer, anche il più scalcagnato, si affidi continuamente a espressioni tipo “percorrevo il Lungo Tevere e il relativo traffico”, o che si riveli così schiavo di figure retoriche quali la litote, l’endiadi e soprattutto la circonlocuzione, al punto da consegnarsi, continuamente, a involute contorsioni sintattiche per cui per esempio invece di scrivere “democrazia” dice sempre “quella che è la democrazia”. 
Evidentemente convinto di avere un grande messaggio da lanciare, il ministro Speranza non si è fatto aiutare da nessuno nella scrittura. Autosufficiente come tutti i geni (o i grulli). Sembra quasi  di immaginarselo infatti mentre dice, un po’ come quelli convinti di avere il grande romanzo nel cassetto: “Non leggo nulla perché non voglio contaminare lo stile”. Ecco. Su questo non c’è alcun dubbio.  Lo stile di Roberto Speranza è certamente incontaminato da qualsiasi forma di lettura. Anche geroglifica o rupestre.  

Ma veniamo al sapido contenuto del manufatto. Trattasi di racconto con andamento da diario intimo, tipo Churchill nell’ora più buia. Con passaggi profondamente autobiografici, umani e rivelatori, come a pagina 159: “Il giorno dopo la riapertura di barbieri e parrucchieri, finalmente, posso anche io tagliarmi i capelli. Non ce la facevo più. Era dai tempi del mio Erasmus a Copenaghen che non li avevo così lunghi”. Considerazioni che si alternano a dense ricostruzioni dei principali  fatti politici. Il volume si apre infatti con il protagonista (il ministro medesimo) impegnato il 29 gennaio 2020 in un discorso alle Camere in cui sostiene di aver fatto presente la gravità della situazione, malgrado, in realtà, risulti da ogni cronaca facilmente reperibile attraverso Google, che ancora a febbraio venivano dette cose, persino da Giuseppe Conte,  piuttosto tranquillizzanti sul virus,  e sulla capacità di contenerlo. Ma va  bene, sono dettagli. 

Poi il ministro prosegue, sempre col suo stile tormentato (dalla sintassi), fino a lambire le ragioni “scientifiche” poste alla base del lockdown totale di aprile 2020. Siamo a pagina 114. Attenzione.  La spiegazione del lockdown è semplice quanto convincente: “Non si poteva lasciar pensare agli italiani che ci fossero regioni dove si viveva meglio”. Insomma molisani e sardi dovevano stare chiusi, anche senza contagi, per solidarietà e spirito di uguaglianza con i lombardi e i veneti. Anche i sani piangano. D’altra parte per decidere le linee di intervento, il ministro lascia capire a pagina 97 quale fosse uno strumento scientifico utilizzato. Preciso e incontrovertibile: le chat delle mamme su WhatsApp. “Ultimamente ne ho parlato con mia moglie Rosangela, che mi ha raccontato della crescente preoccupazione delle altre mamme nella chat di classe. Qualcuno ha già iniziato autonomamente a tenere a casa i bambini. Io stasera, riunito nella sala Verde, devo uscirne con risposte giuste per tutti”.

Tralasciando per ragioni di spazio i lunghi capitoli dedicati a Mimmo Arcuri, trasformato in una specie di eroe dell’Unione Sovietica, uno Stakanov delle “decisioni difficili esercitate con risolutezza” (p. 129), scivoliamo sul finale di questa recensione. fino a raggiungere il senso profondo, verrebbe da dire ideologico (se non  ultimativo) del libro. Questo: la rivincita della sinistra. La pandemia infatti, dice il ministro,  ha raddrizzato il vento della storia e finalmente la sinistra torna in partita, assieme alla necessità di uno stato sempre più egemone a fronte della cattiveria del mercato. Scrive  Speranza a pagina 68: “Non si fa politica su un’epidemia”. Poi, giustamente a pagina 225 aggiunge: “Sono convinto che abbiamo un’opportunità unica per radicare una nuova idea della sinistra”. Da queste non contraddittorie dichiarazioni, consegue la descrizione di una nuova normalità post pandemica che “ha dissodato per la sinistra un terreno politico molto fertile” con “possibilità di ricostruire una egemonia su basi nuove”.

E qui un po’ si capisce perché questo libro, che sarebbe uscito a settembre, il ministro lo ha ritirato dal mercato. Con centomila morti, e ancora 400 decessi al giorno, il comunismo pandemico non è precisamente convincente. Tuttavia la domanda delle domande è una: va bene essere contro il mercato globale, va bene tutto, anche il comunismo pandemico, ma come diavolo pensava di far sparire un libro nel 2021?  Il vero mistero è questo.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.