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Campagna lenta

I mugugni regionali tra vaccini arrivati e vaccini inoculati

Guardando i dati in Italia all'estero, siamo sicuri che sia tutta e solo colpa dei ritardi nella consegna?

Marianna Rizzini

Quei due milioni di "scarto" (a ieri) e il trincerarsi dietro la frase "le dosi non inoculate servono per i richiami, in caso di inadempienza dei fornitori"

Un totale di 13.032.996 somministrazioni, per 3.924.664 persone che hanno completato il ciclo vaccinale con prima e seconda dose. E un totale di 15.575.830 vaccini distribuiti. Questi i dati ufficiale sulla campagna vaccinale, a ieri mattina. Ci sono quei due milioni e mezzo di scarto tra dosi arrivate e dosi inoculate. “Servono per le seconde dosi, in caso di ritardi nelle consegne”, dicono i governatori, anche se questa settimana si attendono 400-500 mila dosi di Johnson & Johnson (entro il 19 aprile), 175mila dosi di Astrazeneca, oltre un milione di dosi Pfizer entro due giorni e circa 400 mila dosi di Moderna entro quattro. I vaccini anche se con ritardo arrivano, ma non è detto che il problema sia soltanto il ritardo (anzi). E però, regione che vai, cahiers de doléances che trovi: c’è chi denuncia appunto le mancanze dei fornitori (quasi tutti i governatori); chi, dall’opposizione a uno dei governi locali, vorrebbe che il governo centrale vigilasse sull’efficienza della campagna (è successo nelle Marche); chi (dalla Lombardia, regione che un mese fa era considerata tra le più ritardatarie), definisce l’idea campana delle isole-Covid free “una delle belle proposte che potranno essere prese in considerazione, ma la cosa importante è completare questa fase di vaccinazione massiva” (così il governatore leghista Attilio Fontana) e chi, dalla Campania, come il governatore pd Vincenzo De Luca, lancia l’ultimatum: duecentomila vaccini entro aprile oppure la Campania lascia la Conferenza stato-regioni, oltre a non procedere  per classi di età ma per categorie, ipotesi questa subito stroncata dal commissario Figliuolo, visti i dati Iss sulla mortalità, concentrata tra le persone anziane: degli oltre centomila morti di Covid in Italia, soltanto l’1 per cento ha meno di 50 anni (c’è intanto chi pensa che in Campania si possa invece accelerare, fuor di retorica del governatore, aprendo un grande hub a Napoli, in piazza Plebiscito). E se la Toscana si è distinta in negativo per la lenta vaccinazione degli over-80 (con priorità però ad altre categorie), e la Puglia viene additata come esempio negativo di campagna lenta sul Financial Times, ieri, in Veneto, il governatore Luca Zaia è tornato sulla questione dosi: “Che qualcuno vada a vedere, a noi è stato proibito. In giro per l’Europa si sta vaccinando, vuol dire che qualcuno li ha, i vaccini. Basta vedere la Gran Bretagna che ha vaccinato il 40 per cento delle persone”.

   

    

Guardando i dati degli ultimi giorni, si vede una Germania che va a 716mila vaccinati al giorno, una Francia che va a circa 500 mila e una Spagna a circa 450. Intanto, il classico “è colpa di qualcun altro”, pronunciato a intermittenza dalle regioni, scricchiola davanti ai dati, che vedono il suddetto scarto di circa 2 milioni tra dosi arrivate in totale e dosi inoculate. E, andando a vedere la percentuale di dosi somministrate rispetto a quelle arrivate, si trovano tra le ultime Calabria, Basilicata, Sardegna e Sicilia, ma alcune regioni (vedi Campania)  — che hanno ricevuto più di un milione e duecentomila dosi — ne hanno somministrate circa un milione, e quelle che ne hanno ricevute circa un milione e mezzo (Lombardia) hanno uno scarto di cinquecentomila dosi. A fronte dei governatori che si difendono con il Leit-motiv sul “tenere da parte le dosi per il richiamo in caso di ritardi”, c’è chi si domanda: ma le regioni sono davvero in grado di usarle tutte, le dosi arrivate, vaccinando intanto e comunque gli over 80 e gli over 70, e correndo un rischio “mancanza dosi” in prospettiva, come in altri paesi (Gran Bretagna in primis – che è andata anche oltre, arrivando a ridosso dell’immunità di gregge), pur di avere intanto una copertura massiva con la prima dose?

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.