Ivan Scalfarotto, deputato di Italia viva, è sottosegretario all'Interno (LaPresse) 

L'intervista

"Salvini non soffi sul fuoco del disagio sociale". Parla Scalfarotto

Valerio Valentini

"Sbagliato pensare che riaprire sia di destra e chiudere di sinistra. La Lega al governo smentisce le proteste di Salvini, che liscia al pelo al negazionismo. Ma s'intravede la luce: puntiamo tutto sui vaccini", dice al Foglio il sottosegretario all'Interno

Il rischio, dice, lo vede anche lui. “Non vorrei che ‘aprire’ diventasse un valore di destra, e ‘chiudere’ un principio di sinistra”. Lo dice con la consapevolezza politica di chi, da esponente di Italia viva, sta appunto sulla faglia che divide i due schieramenti. Ma Ivan Scalfarotto lo dice anche con la coscienza di chi, dall’osservatorio del Viminale, i pericoli reali connessi all’inasprirsi della tensione sociale li vede assai concreti. “E non possiamo negare che, sia pure in assenza di un’unica regia coordinata, dietro agli scontri di piazza di ristoratori e imprenditori disperati ci fossero sigle politiche che su quella disperazione speculano tentando di costruire consenso”, dice il sottosegretario all’Interno. 

 

Problemi che si trascinano da tempo, in verità. La tarantella politica intorno alle restrizioni imposte dal governo va avanti da mesi, ormai. “Anche noi di Iv, già ai tempi del BisConte, ponevamo il problema: non si deve morire di Covid, ma neppure di fame. La sicurezza sanitaria e la tutela del nostro sistema economico sono due priorità che bisogna far conciliare al meglio tra loro, di volta in volta, con pragmatismo e intelligenza”. Facile a dirsi. “È una sfida difficilissima, invece. Che certo sarebbe meno ardua se si tentasse, all’interno di un governo nato in virtù di un appello del capo dello stato alla solidarietà nazionale, a suonare tutti lo stesso spartito”. Segnale a Matteo Salvini, quindi? “Io dico che farsi carico delle sofferenze e delle proteste legittime di tanti lavoratori è giusto. E forse sarebbe utile provare a spiegare che, con l’impegno di tutti, queste di aprile possono essere le ultime chiusure su larga scala. Ma giocare sull’ambiguità, farsi le foto con chi invoca riaperture indiscriminate e lisciare il pelo a un certo negazionismo no, non è tollerabile. La Lega del resto governa molte regioni: sono sicuro che quelle giunte possono dare una grossa mano, ma non facendo il controcanto all’esecutivo, ma semmai impegnandosi al massimo nell’unica battaglia che ci permette di indicare una prospettiva di ripartenza concreta: la campagna vaccinale. È su quella che bisogna impiegare il meglio delle nostre energie”.

 

E del resto l’impressione è che il Carroccio giochi spesso due parti in commedia: Salvini grida a gran voce di riaprire, addita Roberto Speranza come nemico del popolo; Giancarlo Giorgetti e gli altri ministri leghisti concordano sulle misure restrittive disposte da Mario Draghi. “Per antica consuetudine dei manuali di diritto, ricordo sempre a me stesso che il governo è un soggetto collettivo che condivide scelte e responsabilità. Il Consiglio dei ministri assume decisioni a nome di tutti i suoi componenti. E in questo senso, l’autorevolezza e il prestigio di Draghi aiutano senz’altro a trovare le sintesi migliori”. 

 

Si diceva della mancanza di un prospettiva chiara. “È difficile indicarla, obiettivamente, di fronte a un evento così eccezionale. E però, rispetto a qualche mese fa, abbiamo certezze nuove: i vaccini, anzitutto, una certa dimestichezza nell’analisi dei dati sull’andamento della pandemia, che vanno guardati sempre con cautela ma nell’ottica di chi ha a mente l’urgenza di tornare il prima possibile, con tutta la sicurezza possibile, alla normalità. L’ultimo decreto Sostegni ha superato i codici Ateco, adottando un sistema di ristori più equo e più efficiente. E il governo fa bene a impegnarsi sul fronte del turismo: le imprese che operano in quel settore, per un paese come l’Italia, saranno sempre strategiche. È imminente un nuovo sostanzioso scostamento, e un nuovo decreto che dia ossigeno a imprenditori e lavoratori. Si intravede una luce, nel mezzo di questa tempesta: soffiare sul fuoco della rabbia sociale proprio ora sarebbe imperdonabile”. 

 

Al Viminale escludete, a quanto pare, l’ipotesi di un coordinamento occulto delle varie proteste degli ultimi giorni. “Sì, è una pista che non pare verosimile. Ma non c’è dubbio che alcune sigle e simboli apparsi nelle piazze dei tafferugli sono riconducibili al cinismo di chi, sul malcontento di tanti, prova a costruire consenso. E anche per questo una volta di più voglio ringraziare gli uomini in divisa che, anche in una situazione così drammatica com’è quella causata dal Covid, con tutti i rischi che gli assembramenti di piazza comportano, hanno garantito la sicurezza dei cittadini”.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.