(Lapresse)

Niente foto, please. Letta-Renzi, l'incontro da non ricordare

Simone Canettieri

Il segretario del Pd vede il leader di Italia Viva. Questa volta li divide il M5s. “Con Conte si vince”

Roma. Alla fine per loro il tempo si è fermato a sette anni fa: 22 febbraio 2014. Il passaggio della campanella a Palazzo Chigi. Gli sguardi che non si incrociano mai. L’imbarazzo. L’amarezza dello sconfitto, la gioia dissimulata del vincitore. E’ passata una vita, ma Enrico Letta e Matteo Renzi rimangono inchiodati a quella foto, a quella immagine  definitiva. Una manciata di secondi che non ha bisogno di didascalie.  E così l’incontro mattutino di ieri tra il segretario del Pd e il capo di Italia viva altro non è che una piccola appendice di quella grande storia. 

Questa volta non ci sono fotografie da diffondere. Basta quella di sette anni fa, evidentemente. Sicché nessuno può divertirsi a decifrare, ora che i pesi sembrano essersi ribaltati, la soddisfazione di Enrico ritornato leader, e l’impaccio (forse) di Matteo alle prese con percentuali non proprio esaltanti. Non ci sono le prove visive, se non i rispettivi resoconti. Manca il documento. Niente selfie informali, ma nemmeno scatti posati come quello tra Letta e Conte davanti a una cartina geografica, come messaggio di terre (e seggi) da conquistare nel nome dell’“affascinante avventura”. 

I due ex premier, il pisano e il fiorentino, si vedono di prima mattina, alle nove e mezza, nella sede dell’Arel, il pensatoio lettiano in piazza Sant’Andrea della Valle. Stanno alla larga dal Nazareno, per non condire di ulteriori significati questo atto dovuto del segretario del Pd che prima di Renzi ha incontrato, con un pizzico di perfidia democristiana, tutti i leader dell’arco parlamentare e non (compresi Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni e le Sardine). Gli manca solo Matteo Salvini, ma conta di chiudere il cerchio in una settimana.   
Si dovevano vedere, anche se forse non lo volevano, e alla fine lo hanno fatto. Depistando, annullando e poi rinviando l’appuntamento più in là possibile, come una seduta dal dentista. Niente, oggi ci tocca.

  Si racconta di un caffè nel salone dell’Arel. Quarantacinque minuti di chiacchierata “franca”. Come la metà della durata di una partita di calcio che forse non vedrà un secondo tempo.  Si sarebbero dovuti dire così tante cose che hanno preferito farla breve. Inutile rivangare, chiarirsi. Anche se, come ha detto proprio il leader di Iv, sullo “stai sereno”, celebre epitaffio dell’esperienza di Letta al governo, “ho le mie idee e convinzioni”.  
E così meglio parlare dei figli che nel frattempo, in questi sette anni, sono cresciuti. Meglio scherzare sull’appartenenza e dunque sul campanile. Più facile – e qui c’è l’incontro franco, appunto – far uscire subito le divergenze, i punti che non si toccano come sette anni fa: questa volta li divide il rapporto con il M5s.  
Si sa: per il segretario dem è imprescindibile, per Renzi è un errore imperdonabile
. Non è un segreto che Letta gli preferisca Conte, con il quale, confessa, “possiamo vincere le elezioni e sbaragliare la coppia Meloni e Salvini: lo dicono i sondaggi”.

 Il senatore di Scandicci galleggia in questo scenario. Entrando e uscendo di scena: a Bologna vuole candidare Isabella Conti e anche Letta sembra d’accordo: “Mi parlano tutti molto bene di lei”. Ma a Napoli potrebbe farsi da parte, se ci sarà Roberto Fico. Salvo tornare a Roma se alla fine Carlo Calenda sarà il prescelto.   
Renzi sa bene che il Pd gli preferisce Conte e appena uscito dall’incontro si è precipitato in televisione per raccontare la sua versione di questi quarantacinque minuti “poco dulcis”.  
Stessa cosa in serata ha fatto Letta: ospite di un talk per tessere la sua narrazione e per fare in modo che il titolo non lo conquisti il rivale che non vuole il M5s, ma lui che invece pensa di tornare al governo proprio con i grillini. Enrico e Matteo. Insieme. Dopo sette anni per nemmeno un’ora. Stando attenti a non sovrapporsi e non apparire uniti. Distanti e disuniti. “Non è stato un incontro personale, ma politico”, dice e fa dire Letta che ha tenuto il cellulare in tasca, così come Renzi.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.