A un mese dalla prima fiducia

La rivoluzione positiva di Draghi

Claudio Cerasa

Sono cambiati i metodi, le prospettive e anche i partiti. Draghi non è l’uomo della provvidenza ma può aiutare l’Italia a non far diventare impossibili le cose possibili. Appunti anti gnagnera, 30 giorni dopo 

Non c’entra l’empatia, non c’entra la comunicazione, non c’entrano le battute, non c’entra lo stile, non c’entra quanto è di destra, non c’entra quanto è di sinistra, non c’entra quante spillette hanno i suoi militari. C’entra qualcosa di più importante, di più interessante, che ci permette di mettere a fuoco che differenza c’è – quando nasce un nuovo governo – tra quelli che sono i progetti possibili e quelli che sono semplicemente i sogni irrealizzabili. Sono passati trenta giorni dal pomeriggio in cui il Parlamento ha votato la sua prima fiducia al governo Draghi e trenta giorni dopo si può dire che la fuoriserie che il presidente della Repubblica ha scelto di offrire all’Italia per provare a far cambiare marcia al paese ha prodotto una svolta politica  che, al di là delle molte chiacchiere e dei primi accenni di gnagnera, è destinata a guidare l’Italia verso una rivoluzione positiva.

 

La rivoluzione positiva di cui l’Italia ha bisogno è sintetizzata bene nei tre obiettivi che si è posto Draghi; obiettivi da raggiungere per provare a trasformare la compressione registrata in questi mesi di agonia in un’energia utile a far ripartire il paese. I vaccini, prima di tutto. E poi la logistica. I 400-500 mila vaccinati al giorno. L’obiettivo possibile di arrivare entro la fine dell’estate a immunizzare tutti gli italiani che lo desiderano. E l’obiettivo, parallelo, di accompagnare la campagna di vaccinazione con un Recovery plan degno di questo nome con cui costruire la spina dorsale dell’Italia dei prossimi sei anni. Sulla strada del Recovery e dei vaccini, sulla quale Draghi sta mettendo in campo il suo whatever it takes, vi sono naturalmente diversi ostacoli e non sono stati pochi i casi in cui i rodaggi della nuova macchina abbiano offerto prestazioni meno efficienti del previsto (scuole troppo chiuse, sindacati molto forti). Ma al netto di tutto questo, per provare a inquadrare i primi benefici offerti all’Italia dal governo Draghi occorre uscire fuori dalla dimensione messianica ed entrare dentro una dimensione diversa. Che coincide con il senso delle parole pronunciate ieri a Bergamo dal premier (“Il nostro compito è ricostruire senza dimenticare”) e che coincide con le svolte vere che l’Italia ha iniziato ad apprezzare trenta giorni dopo la prima fiducia incassata. Non si tratta di abbassare le aspettative ma si tratta di capire dove un Draghi può incidere e dove invece non può.

 

La prima svolta vera, cruciale, portata da Draghi, oltre alla nuova gestione del piano vaccinale e alla nuova gestione del Recovery, è una svolta che ha a che fare con la politica ed è una svolta che è conseguenza diretta della super maggioranza che sostiene il presidente del Consiglio. Le larghe intese hanno ridisegnato non solo il profilo del Parlamento ma anche quello dei partiti e un mese dopo la nascita del governo Draghi nessun partito somiglia a quello della stagione precedente all’arrivo di Draghi e non c’è trasformazione che non abbia fatto fare alla politica un passo in avanti: il Pd ha cambiato segretario per diventare il partito dell’agenda Draghi, il M5s ha lasciato per strada la Dibba Associati, la Lega ha fatto sua la linea europeista di Forza Italia, Forza Italia ha fatto un passo per diventare un partito unico con la Lega, Fratelli d’Italia ha scelto una linea d’opposizione a tratti più responsabile della linea di governo della Lega, i partiti di centro si ritrovano costretti a scegliere da che parte stare e persino LeU si è ritrovata divisa a metà di fronte al nuovo premier.

 

La seconda svolta vera, altrettanto importante, portata avanti da Draghi ha a che fare con un metodo di lavoro efficace riassumibile con tre concetti precisi: il recupero di una saggia concertazione (si ascoltano tutti, ma poi si decide da soli), la politica della delega (i ministri non sono commissariati ma lavorano con un obiettivo e spetta a loro decidere come raggiungerlo) e la volontà di dare il giusto peso alle parole comunicando senza seguire la logica dei trend topic (anche se prima o poi sull’emergenza sanitaria sarà utile avere qualcuno che comunichi qualcosa, anche per evitare che l’assenza di comunicazione, specie nei momenti di panico, possa comunicare smarrimento). L’eccezionalità di Draghi, quella che fingono di non vedere i professionisti del chiacchiericcio che sognano di cuocersi a fuoco lento anche il migliore tra i presidenti del Consiglio che potesse capitare all’Italia, in fondo è tutta qui: nella consapevolezza di una rivoluzione positiva, nella chiarezza degli obiettivi possibili e nella presa di coscienza che l’attuale premier non è l’uomo delle missioni impossibili ma è molto più semplicemente l’uomo che può provare finalmente a rendere non più impossibili anche le cose possibili. Prima capire i fatti, poi semmai giocare con la gnagnera, grazie. 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.