Corsi e ricorsi

Ritorna l'editto di Grillo agli eletti: "Troppo caos nel M5s: non andate in televisione"

In attesa che Conte si liberi dalle pastoie legali con Casaleggio, arriva l'ordine dei vertici della comunicazione: "Evitate, se potete"

Simone Canettieri

Vista la guerra interna, il Garante chiede a parlamentari e ministri di evitare i talk-show e le trasmissioni. Si torna indietro alle origini del Movimento, quando bastava una comparsata per essere espulso

“Tornate all’antico e sarà un progresso”. Non è Giuseppe Verdi da Roncole (Parma), ma Beppe Grillo da Sant’Ilario (Genova). Il grande capo del M5s, in attesa  di poggiare lo spadone sulla spalla di Giuseppe Conte, tira fuori un editto veramente vintage: “Niente televisione, basta talk-show ”. A distanza di quasi dieci anni, visto che non ha più la forza di espellere nessuno, il Garante lo sta dicendo con le buone. La forte raccomandazione  dell’Elevato ha raggiunto i suoi ministri nel governo Draghi e tutti i parlamentari. E finora è stata rispettata dalle truppe (salvo Vincenzo Spadafora, ormai deputato semplice, e Pierpaolo Sileri, viceministro della Salute e ospite fisso di Non è l’Arena). 

 

Per il resto tutti  gli eletti grillini, di ogni ordine e grado, stanno declinando gli inviti alle trasmissioni, con sommo stupore degli autori tv: “Ma come? Ricominciamo? Ma davvero?”.

Sembra ieri, infatti, quando per una comparsata a Ballarò, la povera consigliera comunale di Bologna Federica Salsi venne incenerita sul Sacro blog, all’epoca detentore della vita e delle morte politica degli adepti del Movimento, una specie di setta (Grillology). “Il punto G – scriveva l’oracolo dei pentastellati – è quello che ti dà l’orgasmo nei salotti dei talk show”. Era l’ottobre del 2012: il M5s ancora non sedeva in Parlamento, aveva vinto a Parma, e a colpi di vaffa lucidava l’apriscatole. Da lì a poco Salsi sarebbe stata espulsa, rea appunto di essere andata davanti alle telecamere “ai talk-show che ti uccidono: digli di smettere”, diceva ancora il blog di Grillo, verbo di Beppe gestito dall’ascetico Gianroberto Casaleggio. 

All’epoca i due fondatori del M5s non volevano che i grillini andassero in televisione perché strumentalizzati, in quanto cittadini indifesi pronti a finire tra le grinfie dei giornalisti. Carne da macello. E adesso la storia si ripete: Draghi, Casaleggio (figlio), lo statuto, gli espulsi, il futuro, il rapporto con Forza Italia e soprattutto l’avvento di Conte.

 

Meglio non aggiungere parole al caos, deve aver pensato Grillo, alle prese con l’ultima transizione della sua creatura. E l’ordine è stato recepito al punto che questa mattina gli uffici comunicazione della Camera l’avrebbero dovuto spiegare ai parlamentari, abbastanza in rivolta e pronti ad attaccarsi a tutto. “Se proprio dovete andare in tv, parlate dei temi, del governo, ma non del partito. Beppe vuole così”. Ma i tempi sono cambiati, gli eletti se ne infischiano della comunicazione e così è saltata anche la riunione. I più fedeli alla linea comunque obbediscono. E quindi evitano: si fanno le loro dirette e i loro post su Facebook, ma rispondono “no, grazie” ai programmi tv. Capita ai ministri (a partire da Di Maio), ma anche ai parlamentari (a partire dagli ultimi peones).

Ed è tutto abbastanza surreale. Perché in questi quasi dieci anni di grillismo anche la televisione alla fine si è piegata ai desiderata dei marziani, diventati arredi di tutti i salotti. 

   

Il primo a infrangere il tabù fu proprio Grillo ritornando in Rai, da Bruno Vespa, nel maggio 2014, per tirare la volata alle Europee, finite poi con il Maloox. Nel frattempo prese piede lo strapotere di Casalino e del suo “codice Rocco” da imporre a reti unificate: in tv sì, ma senza contraddittorio di altri esponenti politici, a fare le domande solo giornalisti graditi e pochi ospiti in studio per evitare l’effetto pollaio.

Il potere di Casalino inizia così: dettando le scalette e decidendo chi mandare. “Tu funzioni: vai; tu non funzioni rimani: a casa”. Un codice rivisto e rovesciato quando poi il M5s è diventato forza di governo e ha allungato le manone anche sulla Rai con conduttori corrivi e contenitori a misura di grillino. Tutto molto bello, e già visto. Solo che adesso si torna al passato per ordini superiori. Il futuro del M5s al momento è nelle mani degli avvocati, del popolo e non solo. Davide Casaleggio e l’altra metà del mondo grillino se le danno di santa ragione, reclamando denari su denari. E Conte sta in mezzo, un po’ imbrigliato, sperando di fare cucù con la testa per lanciare la sua nuova creatura. Nel dubbio meglio soprassedere, dice Grillo, il padre ridiventato padrone. Che l’altro giorno si è divertito con un tweet da interpretare come un avviso ai naviganti “Anche oggi non ho rilasciato nemmeno un’intervista: è bellissimo”. 
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.