Virginia Raggi (foto LaPresse)

Raggi di nuovo in tribunale. Inizia il processo d'appello sul caso Marra

La sindaca era stata assolta in primo grado. L'esito del nuovo processo non dovrebbe però avere conseguenze sulla sua ricandidatura a sindaco di Roma a causa di un bug nello statuto grillino

Inizia oggi a Roma il processo di appello sul Caso Marra che vede indagata Virginia Raggi con l'accusa di falso ideologico per aver coperto l'ex braccio destro Raffaele Marra nella promozione del fratello, la stessa dalla quale era stata assolta in primo grado il 10 novembre 2018. "Il fatto c'è, ma non costituisce reato", era stata la sentenza del tribunale di Roma, che aveva sottolineato come "Raggi fu vittima di un raggiro ordito ai suoi danni dai due fratelli. Insomma, non si sarebbe accorta di nulla", scriveva Simone Canettieri. La Procura di Roma però sostiene il contrario e si dice convinta che la sindaca abbia mentito all’Anticorruzione sulla nomina. Per queste ha impugnato la sentenza.

  

Qualche giorno prima della sentenza di primo grado questo giornale si augurò l'assoluzione per la sindaca di Roma. "La liberazione di Roma anzitempo e per mano dei magistrati eviterebbe agli attuali occupanti del Campidoglio di fare davvero i conti con il giudizio degli elettori per manifesta e pericolosa inadeguatezza. Impedirebbe una chiara presa di coscienza del fallimento populista applicato al governo della complessa capitale d’Italia. Sposterebbe l’attenzione su un piano fuorviante, cioè quello del codice penale, e impedirebbe, infine, la possibilità che in città si organizzi un’offerta politico-amministrativa compiuta, davvero alternativa, e non rabberciata all’ultimo istante, nell’imminenza di elezioni anticipate, la replica di pastrocchi cui i partiti in questa città si sono già abbandonati volentieri in passato e con esiti tutt’altro che felici", scrisse Salvatore Merlo.

   

L'esito del nuovo processo non dovrebbe però avere conseguenze sulla ricandidatura di Virginia Raggi a sindaco di Roma a differenza di quanto è successo a Chiara Appendino, dopo la condanna a sei mesi di condanna per falso ideologico in atto pubblico dello scorso 21 settembre. Come spiegava qui Simone Canettieri infatti un bug all'interno nello statuto M5s potrebbe salvare la sindaca e rendere nullo l'articolo 6, quello che parla "dell'incompatibilità con la candidatura ed il mantenimento di una carica elettiva quale portavoce del Movimento 5 Stelle la condanna, anche solo in primo grado”. 

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