Tommaso Miele e i suoi tweet contro Renzi

toghe e grillismo

Renzi non ci sta all'idea di avere un ultrà grillino alla guida della Corte dei conti

Giulio Seminara

L'ex premier conferma l’azione civile ai danni di Tommaso Miele, il magistrato che il M5s vuole mettere a capo della giustizia contabile, e che sul suo twitter insultava il "cazzaro di Rignano"

Gli insulti da taverna pronunciati con la toga indosso e poi le scuse improbabili. Fondata nel 1862, otto anni prima della breccia di Porta Pia, perché “vigilasse sulle amministrazioni dello Stato, così da prevenire ed impedire sperperi e cattive gestioni”, la Corte dei Conti adesso rischia di comparire in un nuovo capitolo della Commedia all'italiana. Mattatore assoluto il magistrato Tommaso Miele, possibile nuovo presidente del prestigioso organo costituzionale in virtù della sua vicinanza al Movimento 5 stelle e al premier Giuseppe Conte. Suo antagonista Matteo Renzi, che di averlo a capo della Corte dei Conti non ne vuole sapere: “E' un hater del web e rappresenta la politicizzazione della magistratura. Lui presidente? Sarebbe scandaloso e renderebbe poco credibili le istituzioni”. Non sazio, il leader di Italia Viva dichiara di avergli chiesto i danni in sede civile.

 

Dietro questo scontro c'è lo zampino del Foglio che ha scoperchiato l'oscuro passato social di Tommaso Miele, twittatore seriale di distaccate analisi politiche e delicati dissensi. Ri-citiamo solo alcune battute dello spartito. Nel 2018, da presidente della sezione della Corte dei Conti per l'Abruzzo così vergava, con sobrietà e neutralità togata: “Stasera ho deciso per evitare che torni Micron (che proprio non lo reggo) voterò convintamente M5s”. Il Micron – ça va sans dire­ – è Renzi, ossessione polemica letteraria del giudice che un'altra volta aveva ritwittato questa perla: “Dite al cazzaro di Rignano che al voto vero 16enni- 17enni-migranti-cinesi-zingari non ci saranno”. E qui, compostezza aurea al sapor di liberal-cosmopolitismo. Senza dimenticare la fine definizione regalata, sempre cinguettando dolcemente, da Miele all'ex premier nel 2016: “E' tornato Renzi, il bullo furbastro bugiardo”. La rumorosa discesa in campo certamente non l'ha sfavorito nella carriera, tanto che nel 2019 è diventato presidente della sezione della Corte dei Conti del Lazio e adesso perfino il favorito a succedere ad Angelo Buscema alla presidenza della Corte nazionale. Luigi Di Maio e Giuseppe Conte evidentemente non sono stati turbati da questi toni, pur poco giuridici. Ma l'opinione pubblica è rimasta turbata da questi tweet poco confacenti alla guida del massimo organo di controllo amministrativo.

 

Ed ecco la parte più buffa. Intervistato dal Foglio, proprio per difendersi dall'imbarazzo, Miele stupisce tutti: “Quei tweet non sono miei, in realtà io ammiro Renzi”. E chi ha scritto quegli insulti social a suo nome? “Sarà stato qualcuno del mio ufficio con il mio ipad, questi tweet li ho conosciuti sul Foglio”. Il giudice ha anche negato di essere “ultras della politica” e pure “grillino”, definendosi piuttosto un “magistrato di grande equilibrio” e una “vittima di dossieraggio”. Certamente, se non fosse stato lui si tratterebbe del lavoro pluriennale e certosino di un hacker politicamente impegnato. Ma lui nega: "Nessun hacker, il mio ipad era proprio a disposizione di tutti..."

 

Renzi sembra insistere nel suo proposito di azione civile ai danni di Miele e di contrarietà alla sua nomina. Nell'ultima e-news il leader di Italia Viva ha parlato di “politicizzazione scandalosa, con l’assegnazione di incarichi di responsabilità a chi insulta leader politici” e definito il fatto “devastante per la credibilità per le Istituzioni”. La sua elezione sarebbe per Renzi “scandalosa”. Chissà se il Movimento 5 stelle perorerà ancora la causa dell'hater politico a sua insaputa. Intanto resta lo schizzo di farsa sulla Corte dei Conti. 

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