Meno Sgarbi, più Maltese

Lo sballo dei populismi costretti ad abdicare. Godersi Maltese per Draghi, per non pensare al triste show di Sgarbi

Giuseppe De Filippi

Da un’Altra Europa con Tsipras a un’altra Italia con Draghi, con la stessa leggerezza, la stessa facilità. Con il titolo “Sognando DraghiCurzio Maltese, parlamentare europeo dal 2014 al 2019 proprio nelle liste dell’Altra Europa con Tsipras, è tornato in pagina su Repubblica e ha stupito per lo zelo, ancorché sognante, con cui si è iscritto a una corrente già ben nutrita ma sempre più confusa, quella dei sostenitori di Mario Draghi a prescindere dal suo pensiero e dalla sua azione. L’Altra Europa non si è vista, e la Grecia soprattutto ha smesso rapidamente di puntarci. Alexis Tsipras stesso a suo tempo è corso, senza esitazioni, a impegnarsi con le regole dell’Europa che conosciamo e poi, dispiace, ha perso le elezioni quando si era trasformato in un politico, come direbbe Maltese, serio e solido. Ma Tsipras ha faticato, trattato, ragionato e ha misurato la sua esperienza governativa con numeri e risultati. Qui invece si vuol passare dall’altra Europa all’altra Italia senza neanche un minimo di apprendistato. Draghi viene esaltato astrattamente e ridotto concretamente, messo nei panni di una specie di esecutore della cose giuste, date per acquisite o cadenti dal cielo, senza che tutto ciò sia minimamente sfiorato da quel piccolo problemino democratico che è il consenso e da quell’altro problema metodologico costituito dalla selezione e dalla comprensione delle scelte di politica economica. E’ bravo, e lì finisce la partita.

 

Gli aggettivi rivelano la genericità, Draghi viene definito nella colonna su Repubblica, “serio, solido, intelligente, capace, preparato”. Ma, invece di chiedere a Draghi di andare a fare il pieno a Bruxelles, non sarebbe più utile discutere e far discutere sulle ragioni per cui Draghi è un modello per l'Italia? Non si tratta di pedanteria o di noiosa invocazione alla coerenza. Ma un po’ di riflessione sul passato non può essere evitata, proprio perché ci si sta rivolgendo a un uomo “serio e solido”. Allora forse sarebbe più frizzante e più promettente di sviluppi leggere non lodi generiche ma una riflessione critica sulle parole che tra i politici italiani dello schieramento di Maltese venivano usate per le scelte dell’allora presidente della Bce. “Il bazooka di Draghi è puntato contro la Grecia”, dicevano i nostri altraeuropeisti proprio quando Maltese cominciava la sua esperienza con loro al parlamento europeo. Era la stessa narrazione del Draghi filotedesco che si sentiva negli ambienti no euro vicini alla Lega e che troviamo nel libro di Yanis Varoufakis, il super ministro scaricato da Tsipras prima che facesse danni eccessivi, ma tuttora ascoltato dalla politica antieuropeista. “Era chiaro”, scrive Varoufakis nel suo “Adulti nella stanza”, raccontando come l’allora presidente dalla Bce aveva respinto la sua proposta di modifica della politica economica europea verso la Grecia, “che Draghi aveva espresso l’intenzione di continuare l’operazione di soffocamento che la Bce e il governatore della Banca centrale greca avevano iniziato già prima della nostra elezione”. Su tutto questo, e tanto altro, Maltese glissa. Ma da lui, e dagli altri neodraghiani, avremmo letto con interesse un’analisi sulle ragioni dei successi della politica di Draghi e della Commissione europea nel recupero della Grecia all’accesso ai mercati, avremmo voluto un’analisi delle ragioni per cui Draghi ha parlato mille volte del problema storico italiano causato dalla perdita di produttività, avremmo voluto sapere cosa ne pensano del Draghi sostenitore dell’equilibrio nei conti previdenziali e quindi favorevole all’innalzamento dell’età pensionabile e del Draghi sostenitore dell’intervento dei privati nell’economia produttiva. Temi da affrontare anche da parte di chi era per l’altra Europa, questa volta sì con serietà e solidità. C’è tempo.

 

Intanto godiamoci il Maltese che invoca l’avvento di Draghi. Capace, Maltese, almeno di tentare un cambiamento. Mentre, andando a rivedere i destini di una coppia di opposti anni Novanta, in Parlamento si sanzionavano giustamente, con il trasporto a braccia di Vittorio Sgarbi fuori dall’Aula, il rito della coerenza più stupida, la coazione all’aggressività ostentata e il gusto pervicace per la pura e semplice violenza di parole e gesti. Meglio Curzio che prova a cambiare (e nuovamente bentornato) di Vittorio sempre un po’ più uguale a se stesso.

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