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Rilanciare o morire

Pronta la bozza del decreto che vuole sbloccare i cantieri

Valerio Valentini

Opere strategiche in deroga sul modello ponte Morandi, poteri speciali ai sindaci e modifiche al danno erariale. Restano Anac e abuso d’ufficio

Roma. Il rilancio sul rilancio. Con l’ansia di certi animali un po’ azzoppati, che sanno di non potersi concedere il lusso della sosta se non vogliono finire accalappiati dai loro inseguitori, Giuseppe Conte vuole subito provare ad accelerare. Se ne sono accorti, mercoledì sera, anche i suoi ministri: che mentre erano tutti indaffarati a chiudere il testo tribolato del decreto “Rilancio”, si sono sentiti sollecitati dal premier: “Concentriamoci anche sulla semplificazione”. Un piano, a dire il vero, già c’è. Una bozza, comunque definita già sotto forma di articolato, che il premier ha affidato alle mani del sottosegretario alla Presidenza Roberto Chieppa, il suo uomo più fidato a Palazzo Chigi, che ci lavora d’intesa con gli uffici del Mise e del Mit, con l’obiettivo di produrre un nuovo decreto nel giro di un paio di settimane. Ed è un progetto che prevede una decisa svolta sul fronte della burocrazia e della legislazione sugli appalti: un insieme di norme transitorie, da adottare nel corso della crisi economica che incombe, e poi magari da conservare, almeno in parte, anche in futuro. Il piano prevede innanzitutto di stilare un elenco di “opere strategiche”, di grandi e medie dimensioni, da realizzare con semplificazioni al codice degli Appalti ispirate in parte all’esperienza virtuosa del ponte Morandi: si tratterebbe di adottare procedure negoziate senza bando su cui dovrebbero vigilare gli amministratori locali direttamente coinvolti, con poteri derogatori speciali ed eventualmente elevati al rango di “commissari”, proprio com’è toccato al sindaco di Genova Marco Bucci. Sarebbe insomma un modo per recepire, tra l’altro, anche le richieste sempre più pressanti di Matteo Renzi, che sull’urgenza di varare il suo “piano shock” è tornato a insistere anche ieri. Ma non si esaurisce qui, il piano di Conte.

 

Un piano che contempla anche una procedura decisamente più snella per i contratti cosiddetti “sotto soglia”, sotto i cinque milioni, per i quali si procederebbe con accordi a trattativa privata e senza gara. Per gli appalti più consistenti, invece, ci sarebbero procedure negoziate, stavolta con bando, che comunque aggirerebbero molti dei vincoli contenuti nel codice degli Appalti, tenendo fermi quelli del codice Antimafia.

 

Ma la vera svolta sta nella modifica della normativa sul danno erariale, per cui si limiterebbe la responsabilità amministrativa al caso di dolo, onde evitare le ricorrenti fumosità sulla “colpa grave”, eliminando per di più il facile alibi dell’inerzia. In sostanza, si passerebbe dal punire non già il funzionario pubblico reo di aver firmato qualcosa di troppo per una negligenza inconsapevole, ma quello che, per indolenza o incapacità, ha impedito ai nuovi cantieri di essere aperti. Una “rivoluzione copernicana”, la definiscono a Palazzo Chigi, che porterebbe a sgravare i funzionari pubblici dall’incubo perenne della Corte dei conti, esortandoli, nel dubbio, a sbloccare un’opera in più anziché una in meno.

 

Certo, queste al momento sono le intenzioni dei consulenti di Conte, che andranno poi confrontate con le variegate posizioni politiche dei partiti di maggioranza. Che già, almeno in parte, hanno condizionato i lavori preparatori. Perché se si è deciso di aggirare il codice degli Appalti ma non di asfaltarlo è anche per non costringere Renzi a rinnegare una sua creatura; e se l’Anac non verrà smantellata è anche perché nel Pd c’è chi, come Graziano Delrio, la creazione di quell’ente ancora la rivendica. Del tutto imprevedibile, poi, appare l’eventuale reazione del M5s, al cui interno convivono anime diversissime, alcune delle quali abituate a condannare qualsiasi semplificazione normativa come un regalo alle lobby del cemento. E non è un caso che, tra gli interventi ipotizzati dai tecnici di Palazzo Chigi, quello che per primo è stato cassato dal premier riguardava un sia pur minimo alleggerimento del reato di abuso d’ufficio: ché nelle orecchie del premier, al solo pensarci, devono esser subito rimbombate le grida scomposte di Di Maio e soci.