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Il Pd dovrebbe scendere dal taxi grillino

Renzo Rosati

Per prima cosa il Pd deve interrompere i festeggiamenti per l’Emilia-Romagna: il merito è di Stefano Bonaccini, di una regione che cresce mentre l’Italia decresce, delle Sardine che hanno riportato la gente alle urne. Il Nazareno c’entra zero. Preso atto di questo, i prossimi due anni (traguardo 2022 con il voto per il Quirinale) vanno impiegati per sfruttare le crepe nel centrodestra, maggiori di quanto si dica, nelle prossime regionali e a Roma; quanto al governo dedicandosi a una non dichiarata ma concreta degrillizzazione. Il contrario dell’alleanza strategica annunciata tempo fa da Nicola Zingaretti.

 

Sul primo fronte perché non tentare di battere Salvini in Liguria, dove la Lega ha il più acquiescente degli alleati nel governatore di FI Giovanni Toti? Alle europee 2019, apogeo del salvinismo, il Carroccio prese in regione il 33,8 per cento, l’intero centrodestra il 47,3. Il Pd il 25, l’intero centrosinistra il 48,2 con i 5 stelle allora al 16,5. A Genova fu il Pd a staccare la Lega di 7 mila voti con i 5s al 18 per cento (47 mila voti).

  

A La Spezia, seconda città, la Lega prevalse sul Pd di 2 mila voti, con 6 mila ai 5s. A Savona, terzo capoluogo, il Pd perse di appena 600 con 4.800 preferenze grilline. Esiste un esponente del Pd o del centrosinistra o dell’impresa che possa essere candidato a giocare non di rimessa ma in attacco in una regione così strategica e simbolica? Esiste una variabile Sardine? Secondo match decisivo, Roma 2021.

  

Pd e dintorni hanno tutte le possibilità e le personalità per riprendersi la capitale senza timori né di salviniani né di meloniani. Basta tenersi a distanza dai 5 stelle. Quanto a ciò che nel frattempo farà il governo, i dati del pil dicono che senza investimenti (leggi Atlantia, Ilva e simili) e senza una riforma fiscale non abborracciata, il paese va in recessione. Appena possibile bisogna scendere dal taxi grillino per salire su un veicolo moderno e magari ibrido assieme ai Renzi, ai Calenda, ai Sala, ai Gori, ai Nardella, alle Bonino. È troppo?

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