Il presidente della regione Liguria, Giovanni Toti (foto LaPresse)

Il Pd in Liguria può battere Toti solo se si allea con (tutto) il M5s

David Allegranti

E potrebbe non bastare. Italia viva si tira fuori: “Sansa candidato? Auguri, in bocca al lupo”, dice Rosato

Roma. È ormai il M5s – non la base, che non esiste più sui mitologici territori, ma i vertici – a dettare l’agenda pubblica sulle candidature sostenute anche dal centrosinistra. Lo si è visto in Campania, dove il nome di Vincenzo De Luca è stato sottoposto al vaglio di qualità e garanzia certificato dal M5s (che s’è riunito in assemblea e ha detto no), lo si sta vedendo anche in Liguria, dove va avanti da giorni una trattativa sul candidato governatore. Il Pd, pur di avvicinarsi ai desiderata del M5s nella terra di Beppe Grillo, accetterebbe la candidatura di Ferruccio Sansa, giornalista del Fatto quotidiano culturalmente più vicino ai Cinque stelle che non al Pd. Eppure, i grillini oppongono strenua resistenza. O meglio è sopratutto lei, Alice Salvatore, già candidata sconfitta alle regionali del 2015 (terza con il 24,84 per cento), a opporsi all’alleanza con il Pd. “Con Alice Salvatore per liberare la Liguria”, si legge sul Sacro Blog delle Stelle in un post a firma Salvatore, nella quale la capogruppo del M5s in Regione Liguria è anzitutto interessata a specificare che “noi siamo i nemici pubblici numero uno di mafie e affaristi senza scrupoli”. Cosa tutto questo c’entri con la Regione è un mistero, ma tant’è. “Le sorti del M5s in Liguria vengono decise a Roma”, dice al Foglio l’ex candidata sindaco del M5s Marika Cassimatis, ricordando che nei prossimi giorni a Roma ci sarà un vertice fra Danilo Toninelli, cosiddetto facilitatore per le elezioni regionali, e i parlamentari liguri. “Le ipotesi sono due: vince la linea per andare da soli, quella della Salvatore, che significa letteralmente la candidata sola contro tutti perché la maggior parte dei parlamentari non concorda la linea e non esiste più la base, l’esito è scontato come in Emilia Romagna; si alleano con il Pd e l’esito non sarà diverso ma i liguri salvano la faccia perché la colpa verrà addossata al Pd e alle strategie romane di un Di Maio in declino”. Terza ipotesi, dice Cassimatis, “potrebbe essere saltare il giro e riorganizzarsi sui territori secondo principi democratici per affrontare i successivi appuntamenti elettorali ma credo manchi la lungimiranza politica necessaria. Le poltrone sono poltrone, in fin dei conti, anche una o due in Regione possono bastare”.

 

Insomma l’alleanza anti Toti si farà o no? Sicuramente non ci sarà Italia Viva, che ancora una volta si mette di traverso all’alleanza giallo-rosé ed è pronta ad andare da sola. “In bocca al lupo!”, dice al Foglio Ettore Rosato, capo dell’organizzazione di Iv. “Sansa candidato? Vediamo se questa è la loro decisione, auguri!”, taglia corto Rosato. Ma invece ne faranno parte le Sardine, che la settimana scorsa si sono trovati al Teatro della Tosse per la loro prima assemblea regionale ligure? L’obiettivo è replicare la campagna dell’Emilia-Romagna anche se Genova non è la Liguria e le Sardine hanno non pochi problemi da gestire. La photo opportunity con Luciano Benetton e Oliviero Toscani nella ‘Fabrica’ del fotografo a Treviso ha scatenato un putiferio, ma è soprattutto la gestione della crisi a destare qualche interrogativo. “La malafede sta in chi guarda quell’immagine e la strumentalizza. I ragazzi avranno peccato di leggerezza ma nessuno può pensare che le Sardine stiano con i poteri forti”, dice Lorenzo Donnoli, uno dei portavoce delle Sardine, titillando il solito tic sui “poteri forti” già sentito parecchie altre volte (citofonare M5s).

 

Il governatore Giovanni Toti potrebbe approfittare di tutte queste incertezze per restare in sella. Anche perché l’unico modo che i suoi avversari hanno per impensierirlo è una candidatura unitaria. “Per il centrosinistra in Liguria la partita delle regionali si presenta decisamente in salita. Rispetto alle ultime Europee, il divario a favore del centrodestra è di oltre 125 mila elettori, quindi servirebbe una convergenza totale dell’elettorato pentastellato (122 mila elettori) per provare a riequilibrare la partita. Probabilmente, solo con un candidato unitario in grado di assemblare l’elettorato del centrosinistra e quello del M5s il governatore uscente Toti potrebbe dormire sonni meno tranquilli”, dice al Foglio Marco Valbruzzi, coordinatore dell’Istituto Cattaneo. “Peraltro, il consenso del centrodestra in regione si rivela piuttosto omogeneo: in tutte le 4 province liguri lo schieramento in appoggio a Toti è risultato elettoralmente prevalente sul centrosinistra. Solo nella città di Genova la coalizione di centrodestra ha perso il suo primato regionale, ma con un distacco limitato (circa 800 elettori) che non consente di immaginare rapidi ‘ribaltoni’ a livello regionale”, dice Valbruzzi. “Quel che è certo, però, è che anche in Liguria la Lega salviniana si conferma un partito ‘provinciale’, che fa più fatica a rapportarsi con l’elettorato urbano in tutte le principali città liguri (in media, la differenza tra il voto per la Lega in città e al di fuori delle aree strettamente urbane supera gli 8 punti percentuali)”.

 

A Toti dunque conviene sperare che Pd e Cinque stelle restino separati. Un fronte unitario sarebbe più insidioso. “Il mio avversario in Liguria si sta decidendo in queste ore a Roma, nei palazzi, a tavolino, frutto di accordi di potere nazionali e di un’unione contro natura Pd più M5S, a cui ora si sono anche aggiunte le sardine, battezzate dai Benetton. Mentre gli altri ascoltano i dirigenti di partito (tra cui il mai rimpianto Toninelli), noi ascoltiamo la gente”. dice il governatore uscente. Toti però a differenza di Stefano Bonaccini, diventato una sorta di benchmark per i governatori che vogliono essere rieletti, è accusato di non aver fatto molto per l’economia della Regione. Secondo le previsioni della nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza regionale 2020-2022, la Liguria chiuderà il 2020 con una crescita del Pil dello 0,2 per cento, un tasso di disoccupazione del 9,9 per cento, un reddito disponibile pro capite di 23.400 euro, importazioni al -3,3 per cento e esportazioni al più 1 per cento rispetto al 2019. Sergio Rossetti, consigliere regionale del Pd, nelle settimane scorse ha attaccato il governo spiegando che “la Liguria è in stagnazione o recessione, altro che crescita, la Giunta Toti prevedeva una crescita del pil regionale nel 2019 del più 1,2 per cento invece cresciamo dello zero virgola, l’11 per cento dei minori in Liguria vive in condizioni di povertà e da parte della Regione mancano investimenti per lo sviluppo”. Secondo uno studio di Bankitalia sulle economie regionali, “nei primi nove mesi del 2019 l’economia ligure ha ristagnato; l’espansione dell’attività nell’industria e nel terziario privato si è arrestata, mentre il comparto edilizio ha mostrato segnali di stabilizzazione. La produzione delle aziende industriali è rimasta sostanzialmente invariata. Nel terziario la movimentazione merci presso i porti liguri e i flussi turistici hanno subito una lieve contrazione; vi si sono contrapposti l’aumento delle transazioni di immobili residenziali e la tenuta del comparto commerciale”. Tutto materiale per la prossima accesa campagna elettorale.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.