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“Di Maio, ministro, non potrà fare anche il capo”

Valerio Valentini

"Quello che davvero serve, ora, è coordinamento e collegialità", dice il deputato M5s Bernardo Marino 

Roma. Giornalista pure lui. Come Gianluigi Paragone, come Emilio Carelli, come Primo Di Nicola. Bernardo Marino, detto Nardo, sardo di Olbia, fa parte anche lui della schiera di cronisti arruolati dal M5s giusto in tempo per il 4 marzo. Nel suo caso, poi, l’ingresso nell’orbita politica del grillismo sembra, a guardarlo oggi, perfino scontato, benché in verità il nome dell’emittente locale per la quale lavorava, “5stelle Sardegna”, non abbia nulla a che vedere col movimento di Grillo e Casaleggio. Si chiama così già da fine anni Ottanta. Una coincidenza, nulla più. E però in ogni caso, con diciannove anni di lavoro d’agenzia alle spalle, Marino deve essere consapevole dell’effetto che fanno, in chi lo ascolta, le sue parole, quando gli si chiede del doppio incarico di Luigi Di Maio e lui, serafico, risponde: “Luigi si è preso una responsabilità importante e onerosa, come ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico. Un compito che gli costerà fatica ed energia. E dunque immagino che non avrà tutto questo tempo per occuparsi della direzione di un Movimento che è ormai la prima forza politica italiana”.

  

Ecco, allora, che il problema, già evidenziato sul Foglio da Roberta Lombardi, si ripropone. E così come la Faraona laziale, allo stesso modo anche il neo deputato sardo ci tiene a sottolineare che la sua non è che una semplice constatazione – “rientra nell’ambito di una fisiologica dialettica interna”, precisa, “l’anomalia semmai era prima, quando questa dialettica non c’era” – e per di più costruttiva. “E’ evidente che si sia aperta – dice Marino – una fase nuova: il M5s è esploso, i gruppi parlamentari sono molto più numerosi del passato, pertanto i vecchi metodi, le prassi fin qui adottate, risultano non più efficaci per garantire il coordinamento”. E dunque? “E dunque bisogna riorganizzarsi, ripensare anche gli organismi di vertice e i processi decisionali del M5s”, insiste Marino, che del resto, nell’annunciare la sua candidatura, già a metà febbraio scorso, riferendosi però agli altri, evidentemente, diceva che proprio questa era la priorità: “Scrostarsi di dosso quei personaggi che hanno fatto dei partiti i loro laboratori personali”. Per questo oggi, riflettendo sul suo, di partito, spiega che “il M5s deve fare uno sforzo per trovare delle contromisure al rischio di una guida non condivisa”. E così, dopo quella dei calabresi – delusi, per ammissione della loro stessa deputata Dalila Nesci, “per l’esclusione della nostra regione dai ruoli di governo” – ora anche la pattuglia sarda sembra scossa da malumori. “No no”, smentisce Marino. “Tra noi non c’è alcun malessere”.

  

Eppure l’assemblea dei deputati, giovedì pomeriggio, è stata agitata: e ha visto qualche degli isolani lamentarsi. “Sono dovuto andare via prima della fine: avevo l’aereo per Olbia. Ma quello che posso testimoniare è che la nostra chat, la mattina seguente, era tranquillissima”, sorride Marino. Che prosegue: “Non c’è alcuna polemica sul governo. Della provenienza territoriale dei ministri e dei loro vice a me interessa poco, così come non mi appassionano le battaglie di genere, il rispetto delle quote rosa. M’importa invece che siano tutti bravi e competenti, tutto qui”. La nascita del nuovo esecutivo, piuttosto, preoccupa per altri motivi. “Molti esponenti di spicco del M5s hanno ottenuto ora incarichi come ministri e sottosegretari, e dunque si pone un problema serio: quando troveranno la calma e le energie per pensare anche al Movimento?”. Domanda retorica, evidentemente. Cui risponde lo stesso Marino. “Serve un nuovo organigramma, serve una profonda riflessione”. Insomma serve, pare di potere dire, l’approvazione della cosiddetta proposta Gallo, chiamata così in onore al deputato napoletano, vicinissimo a Roberto Fico, che ha proposto un comitato di coordinamento parlamentare e un altro a livello territoriale. “Ce ne sono varie – redi idee in ballo, bisognerà ragionarne in modo franco e sereno. Quello che davvero serve, ora, è coordinamento e collegialità”. Che il cambiamento abbia inizio.