Sergio Mattarella (foto LaPresse)

Difesa della stabilità, attacco ai campioni dello sfascio

Claudio Cerasa

L’Fmi, la chiesa e i magnifici paletti di Mattarella per la continuità

Votare sì, scassare no. Il Fondo monetario internazionale, oggi, ha migliorato le stime sulla crescita italiana rispetto alle previsioni autunnali (le stime sono passate da più 1,1 a più 1,4) e ha ricordato che in una fase propizia come quella che sta vivendo l’Europa, e anche l’Italia, assicurare la stabilità delle finanze pubbliche, e una certa continuità con il percorso intrapreso in questi anni in materia di riforme strutturali, è un categorico “imperativo”. La sintesi è chiara: votate per tutti ma non votate per chi vuole scassare tutto.

 

Nella stessa giornata di oggi, il presidente dei vescovi italiani, Gualtiero Bassetti, nella sua prolusione davanti al consiglio episcopale permanente, ha lanciato, con toni discreti ma severi, un appello indirizzato ai professionisti della retorica vuota, messi a fuoco con queste parole: “La campagna elettorale sta rendendo serrato il dibattito, ma non si può comunque scordare quanto rimanga immorale lanciare promesse che già si sa di non riuscire a mantenere. Altrettanto immorale è speculare sulle paure della gente: al riguardo, bisogna essere coscienti che quando si soffia sul fuoco le scintille possono volare lontano e infiammare la casa comune, la casa di tutti”. Quella della Cei non è un’indicazione esplicita di voto ma è semmai un’indicazione esplicita di non voto: votate per tutti ma non per chi vuole scassare tutto. Nel corso delle prossime settimane gli appelli alla continuità con lo stato presente sono destinati a moltiplicarsi e chiunque osserverà da qui al 4 marzo il percorso del nostro paese non potrà non rendersi conto di un fatto elementare: il volto che meglio di chiunque altro rappresenta un argine ai professionisti dello sfascio oggi è quello discreto di Sergio Mattarella. Il capo dello stato non darà indicazioni esplicite per segnalare cosa rappresenta dal suo punto di vista un voto utile a queste elezioni. Ma negli ultimi mesi ha offerto, in modo a volte esplicito e altre implicito, un’indicazione chiara di ciò che per il Quirinale rappresenta un “voto futile”.

 

In un contesto maggioritario, caratterizzato da due grandi partiti che si alternano al governo in modo simmetrico, sapere qual è la direzione di marcia auspicata da un capo dello stato può essere poco appassionante. Ma in un contesto proporzionale, con un numero spropositato di partiti che si presenta alle urne in un contesto di futura ingovernabilità, sapere verso quale obiettivo saranno concentrati gli sforzi del presidente della Repubblica potrebbe tornare utile. E’ utile, per esempio, sapere che il capo dello stato è soddisfatto degli incoraggianti risultati economici dell’ultimo anno che “hanno consentito di registrare l’avvio di una inversione di tendenza nel rapporto tra debito e prodotto interno lordo” (15 dicembre 2017). Che auspica che l’Italia possa tenere bene a mente che un paese che funziona è quello che considera l’euro la forza motrice dell’Europa (26 ottobre 2015), che un paese con la testa sulle spalle è quello che favorisce “il dialogo e un confronto che consenta di pervenire a soluzioni condivise” (2 ottobre 2017), che le forze politiche che non hanno un’identità esplicitamente contraria a ogni forma di antisemitismo sono unfit (lo ricorderà il 27 gennaio durante la giornata della Memoria) e che non è accettabile “che nel Ventunesimo secolo acquistino credito credenze antiscientifiche e che queste credenze ostacolino indispensabili azioni preventive come le vaccinazioni” (23 ottobre 2017). Votare sì, scassare no. Le frasi che vi abbiamo elencato non sono casuali ma rappresentano alcuni paletti fissati in questi mesi dal capo dello stato – assieme a quello forse meno noto di non essere intenzionato a dare incarichi a capi di partiti che non abbiano numeri certi in Parlamento – che aiutano a spiegare bene verso quale direzione rivolgerà i suoi sforzi a partire dal 5 marzo Sergio Mattarella per essere ancora il presidente del non-dramma, in caso di maggioranza non auto-evidente. E se i paletti resteranno al loro posto da qui alle elezioni anche gli osservatori internazionali avranno la possibilità di scoprire che, nel contesto politico caotico in cui viviamo, il presidente della Repubblica non è solo il garante della stabilità ma punta a essere anche il più raffinato garante della continuità. Votare sì, scassare no.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.