Paolo Gentiloni (foto LaPresse)

La "via Gentiloni" per contrastare i populismi

David Allegranti

Il presidente del Consiglio mette in guardia la sinistra dal rischio di "apparire una élite cosmopolita senza terra". Appello contro il velleitarismo corbyniano

Roma. C’è uno spettro che s’aggira per l’Europa ed è lo spettro della sinistra fighetta. La sinistra lontana dal paese reale, dal disagio sociale, che regala alle forze populiste spazi enormi. In Italia e non solo. L’avvertimento arriva da Paolo Gentiloni, che pare non accontentarsi di essere un presidente del Consiglio di transizione. “Il rischio che la sinistra corre in diverse parti d’Europa – ha detto lunedì intervenendo alla presentazione del libro "La storia mondiale dell’Italia", curato da Andrea Giardina e pubblicato da Laterza – è quello di apparire una élite cosmopolita senza terra, senza radici, distaccata totalmente dal proprio territorio, dalla propria storia. E guardate che questo rischio aumenta con il digitale, la società dei big data, l’intelligenza artificiale. Il rischio di un mondo diviso in due – da una parte élite cosmopolite senza terra e dall’altra persone molto legate alla realtà, alla terra, che però inevitabilmente vengono arruolati nella categoria dei forgotten men – è un rischio molto presente nel nostro futuro”.

 

C’è insomma una via Gentiloni per contrastare i populismi. La frase del presidente del Consiglio va decifrata alla luce di alcuni avvenimenti europei, dalla presa del potere di Jeremy Corbyn in Inghilterra all’addio del Pd alla vocazione maggioritaria, ormai conclamato. Sono due modi di pensare rinunciatari, per Gentiloni. Entrambi corrispondono a uno schema, di fronte all’avanzata della globalizzazione e dei populismi vari, che è quello dell’accontentarsi di “perdere bene”. La sinistra deve per l’appunto riscoprire le proprie radici, che non sono secondo Gentiloni il velleitarismo corbyniano. Il discorso vale sopratutto per il Pd, che è il suo partito, che corre il rischio di ridursi a rappresentante degli interessi minoritari. Tra le “élite cosmopolite” infatti Gentiloni mette anche il Pd, richiamato alla sua funzione originaria. Da questo punto di vista la cornice ideologica è quella dell’Ulivo, che è altra cosa rispetto allo schema d’alleanze in cui il Pd si trova oggi costretto (citofonare Dario Franceschini).

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.