LaPresse/Stefano Porta

Idea per il Cav.: nuovo predellino per una campagna alla Macron

Claudio Cerasa

Stop Forza Italia e scommettere sul Partito della felicità. Così si può vincere la scommessa antipopulista

Il sogno di una grande coalizione che possa scongiurare, in modo naturale, la formazione di coalizioni innaturali tra partiti riformisti e partiti populisti e tra partiti populisti e altri partiti populisti passa da una percentuale chiave che costituisce la soglia minima che Pd e Forza Italia dovranno mettere insieme dopo le prossime elezioni per tentare di scongiurare un ridicolo governo guidato da un qualsiasi partito desideroso di convocare in fretta e furia un referendum sull’euro. Quella percentuale corrisponde alla quota del 45 per cento e per raggiungere quella quota stando ai sondaggi di oggi dovrebbero accadere due miracoli. Il primo: che il Pd riesca a riconquistare quantomeno gli stessi elettori che nel 2013 votarono per Bersani (il 25 per cento fu un risultato clamorosamente basso e resterebbe clamorosamente basso anche partendo dal presupposto che il Pd di oggi arriva al voto dopo cinque anni di governo). Il secondo: che Forza Italia riesca a conquistare un numero di voti tale da farla arrivare a circa il 20 per cento.

  

Il primo obiettivo sembra possibile, anche se nel giro di sei mesi il Pd di Renzi è passato dal 31 per cento al 25 per cento nei sondaggi, mentre il secondo obiettivo sembra più complicato, considerando che nonostante una presenza massiccia e poderosa in tv del Cav. alla fine Forza Italia da diverse settimane non smuove che qualche decimale ed è sempre lì intorno al 15-16 per cento. Dunque, che fare? Si possono passare i prossimi mesi sperando che i piccoli partitini che accompagneranno la corsa di Forza Italia – forza cane, forza gatto, forza dentiera, forza scudo crociato – vadano a raccogliere qualche decimale in più e si possono passare i prossimi mesi rassegnati all’idea che una delle campagne elettorali più importanti della storia recente del nostro paese (il prossimo governo sarà quello che andrà a gestire l’uscita dell’Italia dal programma del Quantitative easing) sia non una corsa tra partiti che mostrano la propria capacità di governo ma tra partiti che ostentano la propria capacità a fare opposizione. Si può sperare tutto questo oppure si può sperare che ci sia qualcuno che con un lampo accenda una miccia che possa far diventare la campagna elettorale una battaglia tra grandi partiti di governo e non tra sterili partiti di lotta. Quella miccia oggi forse può arrivare solo da Berlusconi, e solo se l’ex presidente del Consiglio deciderà di assecondare fino in fondo un suo desiderio: salire su un altro predellino, fondare un nuovo partito, cancellare il marchio di Forza Italia, scommettere su una nuova classe dirigente (i colonnelli si candidano nell’uninominale, il proporzionale si riserva ai volti nuovi) e fare lui quello che Renzi oggi vorrebbe fare ma non può permettersi. Ovverosia: vestire i panni dell’Emmanuel Silviò, chiamare a raccolta tutti i partitini micron e mettersi in marcia con un nuovo contenitore politico alla Macron capace di raccogliere quel pezzo gioioso di paese che c’è ma che nessuno oggi riesce a rappresentare fino in fondo nonostante sia stato in modo formidabile fotografato una settimana fa dal Censis (i rancorosi ci sono, e sono tanti, ma gli italiani che si dichiarano molto o abbastanza soddisfatti della vita che conducono sono sempre di più e oggi sono circa il 78,2 per cento dei nostri concittadini).

  

Insomma, senza girarci attorno. Serve un nuovo predellino. Serve una seria competizione. Serve una nuova scomposizione per combattere la frammentazione. Serve un partito nuovo, veloce, rapido, liquido che possa diventare la vera novità della campagna elettorale e possa costringere tutti i partiti – Pd in primis – a fare di tutto non per tentare l’impossibile (conquistare gli arrabbiati) ma per tentare il possibile (conquistare i riflessivi) e portare così il fuoco della campagna elettorale più sulle idee per governare che sulle idee per lottare.. A Emmanuel Silvió serve con urgenza un predellino. Un nuovo partito magari con la bandiera dell’Europa e l’inno alla gioia come colonna sonora (mica si può lasciare l’Europa a Emma Bonino). Il format c’è già, si trova in Francia e non funziona malaccio. Serve un nuovo predellino. Una nuova idea. Un passaggio dal Pdl al Pdf. Dal Popolo della libertà al Popolo della felicità. Per scongiurare un governo della follia populista serve questo. Serve subito. No frammentazione, sì aggregazione. Non è tardi. Si può fare. Basta un colpo di genio. Yes we Can. Yes we Cav.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.