Matteo Renzi ospite di Otto e mezzo

Matteo Renzi, il Royal Baby a rischio Royal boh!

Giuliano Ferrara

Il Pd è circondato da un umore di disaffezione patologico, non costruisce formule vincenti, non ispira. Di Renzi oggi si vedono sopra tutto errori e folle di nemici mortali. Perché un vinavil non basta contro “lo scoglio della vita quotidiana”

I “ludi cartacei” dei ballottaggi, e uso la formula mussoliniana per provocare e uscire dal senso di noia indotta da chi li prende troppo sul serio e da chi si mostra sordo all’avvertimento, lasciano intravedere solo incertezze.

      

Berlusconi è tornato, sì, ma non se ne era mai andato. Ha un posizionamento ottimo per un risultato elettoralmente discreto e politicamente rilevante in caso di voto con legge proporzionale (Consultellum e circonvicini), caso assai probabile. In questa occorrenza, niente coalizione di centrodestra e nessun bisogno di un leader della coalizione. Basta lui signore e maestro del suo partito o movimento, comunque vada a finire e in chissà quali tempi la vicenda del verdetto pendente a Strasburgo.

  

Gli ostacoli sull’altra via, quella del “polo” di centrodestra, sono numerosi: la necessità di una nuova legge elettorale paramaggioritaria, la pretesa di Matteo Salvini di guidare la carovana in nome del suo Ego e dei risultati che premiano la Lega rispetto all’alleato in molti centri del nord, il carattere e il programma attardati sull’estremismo della ruspa populista di quella che in questo caso sarebbe la locomotiva del raggruppamento, e in un contesto europeo non più così automaticamente favorevole alle blaterazioni sussultorie del cosiddetto populismo il più sbracato. Dicono sia arrivato il “momento Toti”, dal nome del portavoce di Berlusconi acquisito alla causa coalizionista di centrodestra, ma ci andrei piano: farsi guidare da un gentile impiegato che si è sottratto al contratto d’ingaggio e ha operato un fortunoso voltafaccia profittando della rotta del Pd in Liguria e a Genova non sembra una circostanza di quelle che piacciano a un leader non privo di autostima come il Cav., mi pare. Nel caso comunque prevalgano, almeno nelle intenzioni, gli appelli all’unità del centrodestra, legge elettorale a parte, e a prescindere dalla identità di programma in bilico tra “coalizione moderata” e “assemblaggio di sfasciacarrozze”, non si vede in assenza di Berlusconi chi possa tirare personalmente la volata al carro di una ipotetica destra di governo. Incertezza, dunque, come ingrediente della bella festa elettorale ballottaggistica.

      

A parti rovesciate, lo stesso vale per Salvini. Se la tira molto, dà il benservito anticipato a Renzi, si candida a prescindere dal parere negativo dell’illustre e indispensabile alleato, ma in tutta questa agitazione psicomotoria, osservata con la solita opportunistica e distante ironia da un Roberto Maroni governatore della Lombardia, è perso di vista il fatto che da Coblenza, la convenzione d’assalto che doveva rifare qualche mese fa la mappa dell’Europa con Wilders e la Le Pen, molta acqua è passata, e a settembre è prevedibile la doccia tedesca. Incertezza, dunque, e tanta.

       

I casaleggiani o grillozzi sono una setta imbarcata su un vascello esposto a tutti i venti di fortuna, in questo caso venti avversi e maligni. Gli italiani amano lo sberleffo, e lo praticano, ma i segnali bipolari che la legge elettorale dei sindaci ha rilanciato, dopo i congiuntivi sbagliati e le sindache non proprio scintillanti dei tempi recenti, non sembrano un elemento così favorevole a performance solitarie e maggioritarie. Incertezza, vaghezza, e un sapore di burla. 

 

Il problema più serio è quello del Pd. Sarebbe un partito effettivo, guidato da un segretario legittimato dalle primarie recenti, che esprime un governo non proprio malaccio, diciamo la verità, in un contesto di ripresa meno rutilante di quello ipotizzato dalla retorica dell’Italia che “riparte” ma con una sua forza di convincimento nell’understatement e nel gradualismo accorto e prudente del presidente del Consiglio, uno che a costo di apparire infido ai liberisti di tutte le sponde salva banche, baracca e burattini a spese dello stato (quando c’è, lo stato lo si esecra, quando non c’è lo si invoca). Lasciato da parte il condizionale di gentilezza, il “sarebbe”, il Pd è circondato da un umore di disaffezione patologico, non ispira, non costruisce formule vincenti nemmeno quando con il famoso “vinavil” (la metafora eterna evocata da Cundari nel suo straordinario saggio di lunedì nel Foglio sul romanzo ripetitivo e mal scritto della sinistra italiana) mette in campo l’ulivo 3 o 4 a Genova.

  

Di Renzi oggi si vedono sopra tutto gli errori, l’isolamento, la folla dei nemici mortali in rapida riproduzione nell’area scissionista e fin dentro il suo partito “agotorizzato”, per non dire dell’estraneità crescente dell’establishment economico e finanziario che aveva invece contribuito, come sempre timidamente e con riserva, alla ascesa del fenomeno. Renzi è stato le primarie, la Leopolda e il Nazareno: queste le basi del suo governo, della sua politica, delle sue riforme coraggiose e spesso impopolari. Persa la sfida del maggioritario con ballottaggio e del monocameralismo, il 4 dicembre scorso, gli sono restate solo le primarie, che non è roba da buttare, un’ombra pallida di nazarenismo in forme nuove (è il meglio piazzato per un eventuale accordo di governo riformista con una destra moderata) e il ricordo lontano delle intuizioni premacroniane che generarono la piccola rivoluzione generazionale e di stile che si è infranta, come la barca dell’amore di Majakovskij, “contro lo scoglio della vita quotidiana”. Scherzando qui da noi si dice che il Royal baby è diventato il Royal boh!, ecco l’ultima misura di incertezza scandita da questa tremenda rottura di coglioni che sono i ballottaggi parziali e il dovere civico di commentarli.

  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.