La legge elettorale è a rischio

David Allegranti

M5s cambia idea e invoca il Sacro blog. Intanto i franchi tiratori provano a fare saltare il patto tra Pd, Forza Italia, Lega e grillini

Roma. L’aria in Transatlantico è sovreccitata fin dalle prime ore del mattino. “E’ tutto nelle mani di Danilo!”, dice Alessandro Di Battista, abbronzatura e sigaretta rollata in mano. “Danilo chi?”, gli chiedono. “Toninelli!”. “Eh, allora siamo a posto!”, ridacchiano i deputati del Pd, laddove Toninelli è il deputato delegato del M5s esperto di sistemi elettorali su cui il giudizio di uno che lo conosce bene, l’ex grillino Massimo Artini, è tombale: “Io non mi fido di un ex tenente dei carabinieri ora assicuratore che si spaccia per costituzionalista”. C’è da capire il motivo di smarrimento di mezzo Parlamento. Le parole di Beppe Grillo del giorno prima hanno destato qualche perplessità (eufemismo) sugli intendimenti reali dell’ex comico. “Stiamo facendo una legge elettorale che non si capisce”, si era lanciato martedì a Taranto.

 

Poi il chiarimento (si fa per dire) in serata: “Stiamo facendo un grande lavoro. Avanti così!”. Come si spiega il testacoda? Nel M5s una parte dei parlamentari non è convinta dell’accordo con Pd e Forza Italia sulla legge elettorale, più per motivi di opportunità politica che di contenuto (il “vaffa” elevato a programma di governo non prevede mediazioni e compromessi con gli avversari). Al mattino, mercoledì, si è palesata dunque la richiesta del partito di Grillo al Pd: votiamo gli emendamenti entro venerdì, poi il testo finale lunedì prossimo, così noi nel fine settimana lasciamo di nuovo la possibilità di esprimersi ai nostri iscritti sul Sacro Blog.

 

Una prima votazione sul sistema elettorale c’era già stata il 28 maggio (“29.005 iscritti certificati, 27.473 sì e 1.532 no”, stando ai numeri forniti da Grillo). Dunque la richiesta di una nuova consultazione si giustifica soltanto con le frizioni interne al M5s. “I grillini – attacca Matteo Renzi – cambiano idea sulla legge elettorale che loro stessi hanno voluto e votato. Sono passati due giorni e già hanno cambiato posizione? Due giorni!”. Insomma, aggiunge il segretario del Pd “non è la nostra legge ma noi serviamo le istituzioni. Adesso è sovrano il Parlamento. Se passerà, bene. Se qualcuno si tirerà indietro, gli italiani avranno visto la serietà del Pd che ha risposto all’appello del Capo dello Stato”.

 

Vedrete, spiega Matteo Richetti, renziano, portavoce della segreteria del Pd, “che il voto sul blog dipenderà dall’esito delle amministrative. E siccome le amministrative andranno male al M5s...”. Il Pd dunque è pronto a veder saltare il patto a quattro con Forza Italia, Cinque Stelle e Lega. Ma “fuori dall’accordo siglato a quattro non c’è nessuna possibilità di fare la legge elettorale”, dice Ettore Rosato, capogruppo del Pd. L’incidente potrebbe peraltro verificarsi anche prima del voto del Sacro Blog. Basta che riesca a passare uno degli emendamenti voluti dal M5s sul voto disgiunto, sulle preferenze o sulla governabilità. “Se passano i loro emendamenti la legge è finita, non aspettiamo il blog”, dice Rosato. Intanto mercoledì è stato bocciato un emendamento di Mdp alla legge elettorale che avrebbe proprio introdotto il voto disgiunto e le preferenze. M5s si è astenuto, facendo arrabbiare i gruppi che hanno sostenuto la modifica. “M5s è a favore del voto disgiunto ma non di emendamenti fatti per affossare tutto”, ha spiegato Toninelli, secondo cui l’emendamento di Mdp avrebbe introdotto anche altri elementi nel testo.

 

Il pericolo comunque è reale, visto che già nel voto sulle pregiudiziali di costituzionalità al testo, a voto segreto, ci sono stati circa una settantina di franchi tiratori. Volendo, i voti per approvarla anche da soli, alla Camera, il Pd ce li avrebbe. I problemi, osserva Rosato, sono casomai al Senato. Il Foglio nei giorni scorsi aveva dato conto delle difficoltà a Palazzo Madama, fra le reticenze di alcuni senatori di Forza Italia, seppur non espresse pubblicamente, e quelle di una trentina di senatori del Pd vicini al ministro della Giustizia Andrea Orlando. Martedì sera si è tenuta una riunione della componente orlandiana. Walter Tocci, Massimo Mucchetti e Vannino Chiti avrebbero minacciato l’uscita dal Pd qualora il partito volesse insistere sul sistema tedesco e sulla necessità di andare alle urne. “Io la legge come è oggi non posso votarla”, dice non a caso sul suo blog su HuffPost Chiti, che chiede l’introduzione di alcuni correttivi maggioritari e di “rivedere la configurazione dei collegi, attualmente risalente a ben 24 anni fa e palesemente incostituzionale”.

 

Ma gli orlandiani, pessimisti sull’esito, sono parecchio irritati anche alla Camera. La deputata Elisa Simoni è convinta che i grillini si smarcheranno e che “la legge è morta”. “Noi – spiega un deputato vicino a Orlando – abbiamo detto che voteremo la legge ma se l’accordo viene messo di nuovo in discussione per i mal di pancia dei Cinque stelle cambia tutto”. Persino qualche renziano si spazientisce: “Stiamo dando a Grillo tutta la scena, è diventato il baricentro di tutto. Se passa l’accordo è merito suo, se salta la colpa ricade su di noi che diciamo no alle preferenze...”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.